Passo dopo passo verso un futuro migliore – Di Daniela Larentis
Il neuroscienziato Shane O’Mara, autore di «Camminare può cambiarci la vita», spiega perché passeggiare può aiutarci a rimanere sani nel corpo e nello spirito
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Il neuroscienziato Shane O’Mara, autore di «Camminare può cambiarci la vita», (Edizioni Einaudi, 2020, traduzione di Elisabetta Spediacci) ci spiega perché passeggiare ci può aiutare a rimanere sani e perfino a diventare esseri umani migliori, svelandocene le implicazioni.
Camminare può rallentare l’invecchiamento, attivando i muscoli durante la passeggiata vengono infatti prodotte delle molecole che proteggono il cervello.
Quando ci si interroga su quale sia il tratto che ci differenzia dagli altri esseri viventi, di solito si pensa al linguaggio, certamente una caratteristica propria dell’uomo, ma anche la capacità di camminare in posizione eretta è un singolare e importante adattamento tipico della nostra specie, evidenzia nel saggio.
Una caratteristica nota come «bipedismo» che ci permette di avere le mani libere e che comporta una serie di conseguenze, benefici dal punto di vista evolutivo e non solo.
Scrive a tale proposito: «Camminare è olistico: ogni suo aspetto aiuta ogni aspetto dell’esistenza. Richiedendo l’uso di svariate aree cerebrali, ci offre una lettura multisensoriale del mondo in tutta la sua gamma di forme, rumori e atmosfere.
«Passeggiare in compagnia è, forse, uno dei modi migliori di muoversi. E marciare in gruppo con uno scopo condiviso può essere una spinta efficace per avviare un cambiamento concreto nella società. Camminare è per noi così importante, a livello sia individuale sia collettivo, che dovremmo tenerne conto nell’organizzare la nostra vita e la realtà che ci circonda […].»
Shane O’Mara è professore di Experimental Brain Research e direttore di ricerca presso il Trinity College di Dublino. E’ stato responsabile del Trinity College Institute of Neuroscience, uno dei centri di eccellenza mondiale per le neuroscienze.
È anche ricercatore senior presso il Wellcome Trust e uno dei direttori della Science Foundation Ireland. Conta al suo attivo diversi libri e centinaia di articoli scientifici.
Nel volume, egli affronta l’argomento in tutte le sue declinazioni; desta particolare interesse la spiegazione di come camminare possa favorire la socialità, nonché degli effetti che pare avere sul nostro cervello, favorendo la resilienza.
«Potrà sembrare ovvio – scrive l’autore, – ma mentre camminiamo anche il nostro cervello si muove. Ci siamo infatti evoluti come specie ambulante: andiamo in giro per il mondo cercando e assorbendo nuove informazioni. In altre parole, non siamo semplici cervelli chiusi in un cranio, bensì menti in movimento: siamo cognitivamente mobili. […]»
Ippocrate rimarcava con forza l’importanza del camminare, lo definiva «la miglior medicina», ricorda Shane O’Mara. Egli fa presente, inoltre, un altro aspetto emblematico della nostra contemporaneità, molte persone passano la loro vita seduti al chiuso, un’abitudine che può avere degli esiti nefasti in termini di benessere e di salute.
Ci possono essere molte ragioni per le quali si ama passeggiare o praticare esercizio fisico. Lo si può fare da soli o in compagnia, quello che è evidente è che dedicare qualche ora a una sana attività motoria non può che giovare al corpo e allo spirito.
Artisti e filosofi di ogni epoca hanno espresso il loro pensiero riguardo a quest’ azione così naturale, siamo nati per camminare, per muoverci, non certo per rimanere fermi, il farlo può influenzare perfino il nostro modo di pensare.
È curioso ciò che l’autore afferma a pag. 110.
«Stando a un recente studio piuttosto interessante, la mancanza di esercizio causa addirittura un cambiamento di personalità, e con questo intendo in peggio – scrive Shane O’Mara, – in generale, livelli più bassi di attività fisica sono associati a mutamenti in tre dei «Big Five» (i cinque grandi tratti della personalità: apertura mentale, coscienziosità, estroversione, amicalità e stabilità emotiva), e per l’esattezza a una diminuzione dell’apertura mentale, dell’estroversione e dell’amicalità, il che indica quanto alla lunga certe abitudini possono essere nocive. Ma per evitare una simile deriva basta uno sforzo minimo, e infatti a subire questo tipo di peggioramento sono soltanto i soggetti davvero sedentari […].»
Il saggio invita a riflettere anche sulla necessità di predisporre spazi verdi nei centri urbani, le città, ribadisce l’autore, dovrebbero essere progettate per favorire il movimento.
Citando la «teoria della rigenerazione dell’attenzione», sottolinea come l’ambiente naturale agisce anche sul senso di benessere percepito; stando agli psicologi, spiega, un ambiente deve presentare tre caratteristiche principali per migliorare il nostro umore: deve suggerire una sensazione di lontananza dal contesto quotidiano, deve includere elementi visivi e sensoriali accattivanti, deve avere una certa estensione.
«La pressione crescente della vita moderna – scrive – tende ad aumentare la stanchezza mentale, ma stare in mezzo alla natura potrebbe alleviarla.»
Tante sono le malattie collegate alla sedentarietà, passeggiare e dedicarsi ad attività aerobiche ha delle notevoli ricadute anche sull’apprendimento e sulla memoria, inoltre pare tenga lontano la depressione.
Shane O’Mara mette in luce, peraltro, i vantaggi dell’attività aerobica: «Praticare regolarmente attività fisica aumenta il flusso di sangue nel cervello, alterandone in meglio la struttura e la funzionalità. L’esercizio aerobico aiuta infatti a popolare di nuove cellule un’area particolare, cruciale per l’apprendimento e la memoria, e stimola la produzione diffusa di molecole essenziali per mantenere il cervello in buono stato.»
Camminare riesce quindi a sollevare l’umore, favorisce la lucidità di pensiero, fa bene al nostro corpo e alla nostra anima: meglio lasciare l’auto in garage il più a lungo possibile, facendo due passi a piedi…
Daniela Larentis – [email protected]