Lucio Tonina, ritratti d’autore – Di Daniela Larentis
Nel 2020 ricorre il 40° anniversario di attività di uno dei fotografi trentini più noti e amati – L’intervista
Lucio Tonina - Facepainting ©
Lucio Tonina è un apprezzato fotografo molto conosciuto a Trento, il suo studio di via San Bernardino è aperto da quarant’anni nel cuore della città. Stimato docente, insegna fotografia da più di trent’anni al Liceo F. Depero di Rovereto.
Diplomato in fotografia artistica all’istituto d’arte di Spoleto inizia con la fotografia nel ’76, frequenta poi architettura a Venezia, partecipa a numerosi corsi di specializzazione in still life, lavora per due anni come reporter al quotidiano il Gazzettino.
La sua attività professionale, che si svolge in studio e in esterno, abbraccia vari settori di specializzazione, spazia dal ritratto alla fotografia industriale (realizza anche servizi fotografici di Business Portrait), prediligendo le immagini in cui le persone sono protagoniste.
Attraverso l’obiettivo riesce a cogliere l’anima più profonda dei soggetti che ritrae, stabilendo con loro una relazione empatica che si traduce nella bellezza vibrante dei suoi scatti, immagine pulite, essenziali, intense, mai banali.
È un esploratore dell’animo umano, le sue fotografie non richiedono solo competenza tecnica ma una grande sensibilità artistica, svelano l’essenza di uno stato d’animo, la potenza di uno sguardo, ciò che spesso l’occhio non riesce a cogliere. Sono fotografie che catturano emozioni e rivelano la commozione di momenti felici, testimoniano l’importanza di eventi significativi e, soprattutto, raccontano storie, molte storie, le une diverse dalle altre, per certi tratti simili.
I ritratti, che siano scatti singoli, di famiglia o di gruppo, non sono solo una testimonianza storica ma rappresentano una documentazione sociologica importante, raccontano un’intera società e non unicamente i singoli individui.
Ogni persona è collocata all’interno di una data cultura, per questo svelano, specie quelli di gruppo, molto delle interazioni fra gli esseri umani, rinviano a sistemi di valori condivisi, diventano simboli riconoscibili.
Quello di Lucio Tonina è un lavoro ma è anche la passione di una vita, nel 2020 ricorre infatti il 40° anniversario di attività.
Abbiamo avuto il piacere di rivolgergli alcune domande.
Lucio Tonina.
Quando è nata la passione per la fotografia?
«Per me la fotografia prima di diventare un lavoro è sempre stata una grande passione, a partire dalla metà degli anni Settanta quando frequentavo la scuola d’arte, una passione che poi negli anni Ottanta è diventato un lavoro, nel momento in cui ho aperto il mio studio a Trento. Quest’anno ricorrono i quarant’anni di attività che coincidono peraltro con i miei sessant’anni, due importanti ricorrenze.»
Qual è stata la sua prima macchina fotografica?
«Ricordo che l’avevo acquistata a Torino, era una Fuji, l’estate successiva andai presso lo studio fotografico di Claudio Rensi a fare uno stage estivo e poi comprai la mia prima Nikon, ormai da più di 40 anni utilizzo macchine fotografiche di questo marchio.»
Come ha vissuto il passaggio dall’analogico al digitale?
«Sono passato dopo 25 anni di utilizzo analogico al digitale, attraverso varie fasi. La macchina era allora intesa come macchina a scatto unico, io ho utilizzato nel tempo macchine professionali Nikon e Hasselblad, oltre a un banco ottico Sinar che ho tuttora; non ho mai buttato via le mie macchine fotografiche utilizzate nel corso della mia attività, ne ho più di una ventina, se non ricordo male sono 25.
«Le ho tenute in mano per tutto il giorno per molto tempo, fanno un po’ parte della mia vita, suonerà anacronistico ma alla fine ci si affeziona, non le si considera solo macchine.
«I ragazzi di oggi soffrono di una sorta di ansia da tecnologia, cambiano spesso i loro smartphone, i loro tablet, io questo tipo di sensazione non l’ho mai vissuta, chiaramente se esce un apparecchio fotografico che può migliorare il risultato a livello qualitativo lo compro anch’io, desidero nel mio lavoro utilizzare un prodotto che mi soddisfi.»
Lucio Tonina - Ritratti ©.
Lei insegna fotografia da più di 30 anni. Qual è l’approccio che i ragazzi hanno nei confronti della materia che insegna?
«Io vivo tutti i giorni il rapporto con i ragazzi, per cui ho modo di osservarli. Anzitutto c’è da dire che grazie ai social i ragazzi sono vicini al mondo della fotografia, in quanto producono contenuti, postano foto in continuazione, la rete offre opportunità una volta impensabili.
«Sviluppano un certo tipo di competenze, si appassionano alla fotografia ma molti abbandonano poi questa passione per passare ai video, spesso è un fuoco di paglia.
«Il lavoro fotografico è un’altra cosa, è appunto un lavoro: se si vogliono ottenere dei risultati occorre impegnarsi a fondo. È un lavoro faticoso da diversi punti di vista, è importante saper comunicare, si ha a che fare con le persone, occorre capirle, studiarle; i ragazzi ora come ora paradossalmente vivono più isolati, hanno più difficoltà a relazionarsi con il prossimo.
«Quando si fa un servizio fotografico non basta essere presenti fisicamente con la macchina fotografica, occorre essere presenti come persona empatica che entra in relazione con gli altri, muovendosi all’interno di un contesto ogni volta diverso, una situazione che va colta nelle sue molteplici sfumature.
«I ragazzi di oggi sono convinti di avere la fotografia a portata di mano, lo smartphone è diventato un supporto che serve per fare tutta una serie di operazioni, le foto diventano didascalie del loro parlare, non vengono quasi mai stampate, passano, hanno già dato quello che dovevano dare.
«Io conservo una busta con le foto dei miei genitori, le foto dei miei nonni, le ho guardate molte volte nel tempo, la scatola delle fotografie è sempre stata molto importante, è entrata nell’immaginario collettivo.
«I ragazzi di adesso non vivranno probabilmente le stesse sensazioni, loro guardano l’iPhone e l’Ipad come guardano la televisione, è un osservare più superficiale...»
Lucio Tonina - Facepainting ©.
Quali sono i soggetti o le situazioni da cui trae maggior ispirazione? Cosa le piace fotografare?
«Sicuramente le persone, le situazioni e gli avvenimenti che hanno a che vedere con le persone, compresi i profili professionali e aziendali, molto richiesti per trasmettere l’identità dell’impresa e dei professionisti.
«Mi è sempre risultato facile entrare in relazione empatica con gli altri, ho una vita sociale molto attiva, già ai tempi in cui lavoravo per il Gazzettino, erano gli anni Ottanta, mi piaceva stare in mezzo alla gente, mi piaceva osservarla.
«A quei tempi si scattavano le foto, si sviluppavano, non c’erano i cellulari, quindi anche il modo di operare era diverso, era un altro mondo rispetto ad ora. Il cambiamento avvenuto è stato davvero epocale. Penso anche ai miei colleghi, mi viene in mente Giorgio Rossi, lui era solito fare due-tre scatti per ogni servizio.
«Questa sintesi è qualcosa che appartiene anche a me e a quelli della mia generazione, i ragazzi di oggi scattano in continuazione, difficilmente riescono a cogliere l’attimo, scattano senza pensare. Storytelling, questo termine che viene usato e spesso anche abusato, è proprio questo, la capacità di narrare fotograficamente attraverso pochi scatti, addirittura con un unico scatto, è un po’ la sintesi della sceneggiatura.
«Occorre inoltre saper anticipare l’azione, se non sei davanti all’azione non potrai mai fotografarla. L’anticipazione sta nel saper capire la dinamica, il saper cogliere la situazione mettendosi in una condizione di astrazione; il reporter dovrebbe fare questo, è spettatore ma al contempo deve essere presente.
«Oggi i fotografi sono anche videomaker, quasi più videomaker che fotografi, ognuno vuole fare quello che è più cool, quello che fa tendenza. La multimedialità è fondamentale, occorre saper fare di tutto.»
Secondo lei può essere un limite?
«È una tuttologia, in realtà il pericolo è quello di perdere la concentrazione. Vedo grandi fotografi, Giovanni Gastel per fare un nome, che sono ancora allo scatto puro. Vedo su Instagram i profili dei ragazzi, sono mediamente tutti uguali, sono copie di copie di copie… Tutti i ragazzi poi vogliono fotografare modelle, soggetti che alla fine offrono anche dei vantaggi in termini relazionali, dando l’opportunità spesso di conoscere molte persone.
«Qui si aprirebbe tutta una serie di considerazioni, a partire dal fatto che in questi casi quello che davvero conta non è tanto fotografare un corpo ma saper cogliere l’essenza, l’anima della persona…»
Lucio Tonina - Still life ©.
Lavora più sull’impressione o sulla descrizione? Quale dei due approcci sente più vicino al suo modo di fare fotografia?
«Sicuramente l’impressione, la descrizione diventa spesso pedanteria, io sono molto creativo, non sono interessato al particolare, mi piace osservare l’atteggiamento delle persone, cercando di cogliere ciò che spesso anche l’occhio non vede, il mio è un approccio emozionale. Prediligo la semplicità, non amo inserire troppi elementi, l’importante è che lo scatto trasmetta emozioni.»
Cosa rappresenta per lei la fotografia in termini emotivi?
«In termini emotivi rappresenta una passione, la stessa passione che vivevo 40 anni fa.
«È ovvio che la fotografia bisogna continuare a rinnovarla, l’aspetto stimolante sta nel trovare la carica creativa per poter continuare a scattare.
«Non ci si deve mai sforzare, si deve solo cercare di veicolare l’energia indirizzandola verso situazioni e tematiche di interesse.»
Lei conta al suo attivo anche alcuni lavori che testimoniano antiche tradizioni del nostro territorio e non solo…
«Ho realizzato una decina di anni fa dei lavori con la giornalista Sandra Taffner: il volume Terra dalle parole antiche. Storie ed immagini di un altro Trentino, edito dalla Temi, raccoglie dei racconti e delle fotografie che parlano di mestieri e saperi ormai dimenticati della nostra terra, piccoli borghi che ormai non hanno più identità; un altro lavoro è relativo ai racconti, ai ricordi, alle immagini di persone sopravvissute alla seconda guerra mondiale.»
Progetti futuri?
«È un anno importante, mi sarebbe piaciuto realizzare una piccola mostra per celebrare i 40 anni della mia attività, vedremo se sarà possibile farlo.»
Daniela Larentis – [email protected]
Andrea Castelli - Foto di Lucio Tonina ©.