Giovani e rischio: perché si comportano così? – Di G. Maiolo
Cyberbullismo, sexting, adescamento, false identità e quant’altro, sono i mezzi usati oggi dai giovani per dimostrare che non hanno paura
Immagine ricavata da Cowinning su tema analogo.
Quando gli adolescenti e le loro azioni dirompenti diventano protagonisti di fatti rischiosi e azioni pericolose, ci domandiamo: Perché si comportano così?
Per quale motivo mettono a repentaglio la loro stessa vita e quella degli altri?
Cosa spinge i giovani a non prestare attenzione ai rischi?
Un tempo la risposta era «il bisogno di trasgressione». Cioè la voglia tutta evolutiva di sfidare l’adulto e di mettersi alla prova.
Era anche chiamata «disobbedienza» e come tale sanzionata. Significava N cambiamento o per meglio dire, viaggio verso l’autonomia e l’indipendenza.
Oggi quei comportamenti «indisciplinati» li chiamiamo «bravate», e non li sanzioniamo più di tanto. Anzi la parola che abbiamo coniato, sembra alludere di più a condotte un po’ originali anche se eccessive, a comportamenti spavaldi e dimostrativi, ma tutto sommato non così negativi da richiedere una sanzione o un intervento educativo.
Risultato? Si passa sopra e il significato del gesto non viene messo in evidenza da nessuno.
È cambiata dunque la percezione della trasgressività come azione specificatamente evolutiva.
Fino a qualche decennio fa, era una sorta di sfida che aveva a che fare con lo scontro generazionale.
Tra l’adolescente e la famiglia vi era una differente visione del mondo. Il conflitto tra le due frontiere si esprimeva da parte dei giovani soprattutto nel rifiuto delle regole definite.
La tensione poteva essere elevata e in alcuni casi, quando le posizioni erano inconciliabili, l’azione più frequente era quella di scappare di casa. L’insofferenza relativa al conflitto generazionale poteva anche essere sublimata e sovrapporsi al bisogno di esplorare il mondo: allora si girovagava con uno zaino in spalla, facendo autostop. Che era anche un modo per coltivare il sogno di una «California» da scoprire.
Contestazione e protesta rappresentavano per l’adolescente il bisogno di dimostrare che sapeva cavarsela.
Fare furti o appropriarsi di nascosto dell’auto dei genitori e «correre a fari spenti nella notte», come cantava Battisti, era una sfida all’autorità costituita e un tentativo di dimostrazione di adultità.
Anche l’abuso di alcool e di tabacco, l’uso di sostanze, o altre azioni trasgressive avevano frequentemente questa valenza anche se narravano una sofferenza e un disagio, alle volte profondo.
Ora tutto è cambiato. I giovani di oggi sono figli di un narcisismo dominante e dei nostri sensi di colpa.
Così l’adolescenza non si caratterizza più come lotta generazionale in famiglia.
Tra questi due fronti, tra padri e figli ad esempio, c’è un armistizio infinito e alle urla si è sostituito il silenzio, oppure una quantità infinita di comunicazioni virtuali frenetiche e sincopate.
Oggi non c’è più bisogno di contrastare e ridimensionare la severità delle norme poste dai padri-padroni.
Semplicemente perché non ci sono più padri guerrieri. Al loro posto ci sono tanti «amici» che condividono e approvano, che permettono e giustificano.
Il rischio ha un’altra valenza perché la funzione della trasgressione è mutata in quanto la sanzione è spesso solo annunciata. In fondo le regole o sono tante, troppe oppure non vengono definite da nessuno e l’idea dominante è che ognuno possa fare quel che vuole.
Venuto meno il controllo dell’adulto e svuotata di significato la parola «limite», il bisogno non è più di far vedere ai grandi cosa si sa fare, ma essere protagonisti di un momento e diventare anche per un solo istante eroi spavaldi di imprese da dare in pasto a una collettività sempre più guardona.
Supereroe di carta come nei fumetti, l’adolescente di oggi (ma non solo lui) è tanto più «bravo» quanto più iLike riceve sui Social.
Le conferme gli vengono dal Web, da quanto riesce ad apparire e mostrarsi online. Per questo conta essere iperconnessi, ipercondivisi, ipervisualizzati.
Più quello che fai gira su YouTube, o su Instagram, più sei cliccato, e più conti. Il bisogno di visibilità, di lasciare una traccia di sé, ma più ancora un’immagine, è diventato assoluto.
Le nuove frontiere del rischio e le nuove sfide comportamentali dei ragazzi del terzo millennio passano oramai solo attraverso il Web.
Internet è il «campo da gioco» dove si esprimono e si sviluppano le fantasie e i pensieri, le azioni e i comportamenti.
I Social stanno occupando tutto spazio del confronto e dell’esperienza. Il bisogno di mettersi alla prova è più collegato al piacere adrenalinico che ti aiuta a sconfiggere la noia esistenziale.
Ma è soprattutto la necessità di mostrare agli altri, ai pari, quanto sei in grado di sfidare il pericolo.
La Rete ti consente questo. Ti permette quella comunicazione digitale che è comunicazione per immagini e soddisfa una compulsiva necessità di essere visibile il più possibile.
In nome e per conto di questa oggi un po’ in tutti abbiamo perso la capacità di meravigliarci e provare stupore. Tutto si appiattisce.
Quindi difficile nel gran frastuono, ascoltare le reazioni interne, la propria pancia. Questo fa sì che gli adolescenti che abbiamo cresciuto in questi anni senza un alfabeto emotivo, sappiano bene quel che si deve o non si deve fare, ma siano in difficoltà a dare risposte coerenti.
Così la proposta strana di un malintenzionato che ti chiede di mandargli una foto o esibirti in una performance sessuale davanti alla webcam è soddisfatta non tanto per il piacere di provare l’ebbrezza della cosa proibita, quanto per testimoniare la propria presenza.
Il morboso piacere di inviare offese o far girare nascostamente materiale pornografico sfidando i divieti o spacciandosi per un’altra persona è collegato più a quel vuoto di prescrizioni che ad una effettiva voglia di trasgressione.
Per questo cyberbullismo e sexting, adescamento, false identità, dipendenza da questi utili, utilissimi dispositivi sono destinati a crescere e a catturare i giovani (ma non sono loro), soprattutto se continueranno ad essere carenti le nostre funzioni educative e la nostra adultità.
Giuseppe Maiolo - [email protected] - Precedenti
Prof. Giuseppe Maiolo, psicoanalista, docente di Educazione alla sessualità all'Università di Bolzano Facoltà di Scienze della Formazione