«Per i sopravvissuti e per i parenti dei caduti la vera tragedia avvenne dopo»
L’intervento di Alberto Pattini nel centenario della prima partenza dei soldati trentini per la Guerra mondiale, 9 agosto 1914
La foto di copertina è di Arianna Piffer.
Il 7 agosto 1914 alle ore 8.30 i primi arruolati di Trento appartenenti al battaglione di stanza a Trento del I reggimento Tiroler Kaiserjäger partirono in forma solenne dalla stazione di piazza Dante per la tragica avventura della guerra con destinazione Galizia-Bucovina-Serbia, salutati dalle autorità politiche, militari e religiose e da una folla in festa su vagoni abbelliti da bandiere e di fiori.
Al momento della partenza il Municipio di Trento fece distribuire a tutti un sacchetto di confetti, le Cantine riunite consegnarono una bottiglia di vino bianco con l’etichetta «salute e auguri», il Sindacato distribuì pane, birra, salame e formaggio.
Improvvida l'etichetta «salute e auguri»: andarono per il 90% al macello sotto le mitragliatrici russe.
Successivamente il 9 agosto 1914 alle 11.00 cioè esattamente oggi dopo cent'anni, partì il II reggimento Tiroler Kaiserjäger come ci racconta Emilio Fusari nel suo diario.
«Arrivato in Trento tutto era pronto per la partenza. Andato tutto il Reg. in piazza Venezia con alquante chiachere di un colonello, a tutti ci han fatto gridare viva la guerra, ei Vittoriosi. Ai 9 agosto ore 10 matina il treno ci aspetava alla grande stazione di Trento per condurci sul campo della sventura. Alle 11 un fiscio ci anuncia la partenza.
Guardai ancor na volta il nostro bel Trentino, i bei monti che lo circonda, e la immensa valle ove codetti di una gioia non mai conosciuta. Il cielo azuro. Trento inmenso di allegria.
Lungo l’adige tutto e quiete e il treno si muove e parte verso il destino. Fra li evviva e i incoraggiamenti dei nostri cari frateli Trentini il Treno si alontano dal bel Trento di gran fuga ci porta lontani fra gente ingonosciuto amaramente presi parte a quel viaggio di morte.
Poi inseguto fu la volta dei Landschutzen di stanza a Trento.»
Per i sopravvissuti e per i parenti dei caduti la vera tragedia avvenne dopo
E nessuno vuole fare il mea culpa.
Invio nei campi di concentramento italiani dell'Asinara, di Isernia e di Brescia dei reduci del conflitto dopo l'armistizio dove morirono numerosi trentini.
A Brescia furono condotti gli Standschützen che combatterono sul fronte trentino Testimonianza di Adolfo Giovannini.
All'Asinara a novembre 1918 furono rinchiusi 300 trentini ex prigionieri provenienti dalla Russia perché sospettati di essere filo bolscevichi. Bloccati a Innsbruck.
Lager dell'isola dell'Asinara 15.000 morti dal 1915 al 1919
denuncia del capitano dell'esercito italiano Giuseppe Agnelli sul quotidiano socialista L’Avanti! nel 1919.
Da quel momento sparirono le relazioni ufficiali e furono sostituite dallo stesso generale Ferrari.
Persino cartoline false furono diffuse per rappresentare il lager come un campo modello.
Per fortuna anni dopo nel 1961 il capitano Giuseppe Agnelli ha scritto un opuscolo conservato anche presso il Museo storico di Trento.
Andate a leggerlo in cui si racconta tutta la verità, ma anche qui fu messo tutto a tacere.
Trattamenti disumani, li hanno lascati morire di colera senza assistenza medica, senza medicinali, senza viveri.
Cadaveri in parte gettati in mare, in parte conservati in un ossario stracolmo di ossa umane.
Furono perfino trovati bottoni di divisa nei tonni pescati e serviti al ristorante come racconta una scrittrice ceca in un suo romanzo a cui è capitata questa triste vicenda.
E 500 primierotti a fine guerra dopo 15 giorni dal rientro per ordine del commissario Catelli furono portati al campo di Isernia
La condanna all'oblio
Divieto di erigere monumenti nei cimiteri ai caduti trentini per l'esercito austro-ungarico e se eretti dovevano inneggiare all'italianità.
Il 25 ottobre 1923 il questore di Trento Panini (prot. n. 115 conservata all'Archivio di Lavis) così scriveva ai Sindaci del circondario del distretto di Trento in merito alla richiesta di erigere monumenti e ricordi ai caduti in guerra sotto bandiera austro-ungarica:
«Ai morti combattendo sotto bandiera austriaca, basta un pietoso ricordo nei camposanti, senza cerimonie solenni o pompe come prescrive la circolare prefettizia del 18 gennaio 1923.
«I caduti per causa nazionale (gli irredentisti) devono invece essere ricordati con ben distinto e separato monumento che ne esalti la memoria.
«Questi monumenti dovrebbero essere eretti sulle pubbliche piazze e inaugurati con solennità – e ricordava inoltre che – i monumenti o ricordi dei morti combattendo sotto bandiera austriaca che si intendessero erigere devono ispirarsi ad elevati e decisivi sentimenti di italianità e l'epigrafe deve essere il verso di Leopardi:»
........Misero colui che in guerra è spento
Non per li patrii lidi e per la pia consorte e figli cari,
ma da nemici altrui,
per altra gente e non può dir morendo:
alma terra natia,
la vita che mi desti ecco ti rendo.
Discriminazione nell'assunzione negli enti pubblici
Difficoltà per le vedove e orfani a percepire la pensione di guerra.
Pattini conclude con dei versi che riassumono il suo intervento, dedicato al suo maestro di storia mons. Lorenzo Dalponte.
Il treno dell'agosto 1914
Parte il treno del non ritorno
addobbato di fiori e di bandiere,
sbuffando vapori grigi,
portando una generazione
verso il martirio
nelle steppe slave sconfinate e deliranti,
sulle cime impervie dei Carpazi.
Migliaia di giovani speranze trentine
svezzate dal dolore,
sacrificate sull'altare della guerra,
rimosse vilmente dalla memoria
dal cambio del potere,
rendiamo onore.
Popolo scomparso,
dimenticato,
matite spezzate dal piombo
hanno smesso di scrivere
lettere d'amore.
Rimangono fogli ingialliti dal tempo,
un nome di latta
nel vento dell'indifferenza,
una croce di betulla
infissa nella nuda terra lontana.
Popolo trentino,
rimuovi la distinzione crudele
tra chi ha versato il proprio sangue
per i vinti
e chi per i vincitori.
Ogni betulla nei nostri cuori.
Alberto Pattini
@riproduzione riservata
Il discorso di Alberto Pattini era stato preceduto dall’intervento di Dino Cerato, che riportiamo qui di seguito. Permettetemi due parole rivolte all'amico Alberto Pattini che fra poco pronuncerà il suo discorso. Alberto ha dedicato vent'anni nella “polvere degli archivi” a ricostruire i caduti trentini austroungarici nella Prima guerra mondiale e la difesa degli Schützen durante le invasioni di Vendom, napoleoniche e del 1809 e penso che un grazie gli sia dovuto. In ogni frase, in ogni parola da lui scritta c'è sempre quasi in maniera ossessiva il riferimento ad un documento archivistico. Doveva farlo perché era su un campo minato e doveva ripristinare la verità storica cancellata per 80 anni. Per le sue ricerche storiche ha ottenuto l'onorificenza del Presidente del Parlamento austriaco e la massima onorificenza della Croce Nera. Tutti ci ricordiamo la manifestazione del 25 ottobre 1998 a ricordo dei caduti trentini per l'impero austro-ungarico Tutti ci ricordiamo il monumento da lui commissionato a sue spese, ora esposto al Forte di Cadine, benedetto da don Fortunato Turrini davanti a 5.000 persone che noi Schützen abbiamo portato a spalla per il centro storico di Trento. |