Storie di donne, letteratura di genere/ 246 – Di Luciana Grillo
Paola Maria Taufer «Marito Amore Incubo» – Conclusione: non aspettare che passi la tempesta, meglio imparare a ballare sotto la pioggia...
Titolo: Marito Amore Incubo
Autrice: Paola Maria Taufer
Editore: Reverdito 2018
Genere: Narrativa italiana contemporanea
Pagine: 160, brossura
Prezzo di copertina: € 14
In prossimità del 25 novembre, giornata dedicata alla riflessione sulla violenza contro le donne, questa testimonianza riportata da una psicologa e psicoterapeuta può in qualche modo aiutare le vittime a prendere coscienza della violenza subita e può convincerle a uscire dal tunnel dell’isolamento e della vergogna che tanto spesso bloccano qualsiasi spiraglio di difesa o tentativi di denuncia.
La protagonista è una donna vera, in carne ed ossa, che vuole mettere la sua esperienza a disposizione di tutte le donne che soffrono in silenzio, ripercorrendo in tre anni tutta la sua storia, la violenza subita, con sofferenza profonda e nello stesso tempo con la volontà ferma di andare avanti.
I ricordi partono da lontano, da una bambola tanto attesa a Natale e non amata, da un principe azzurro sognato e disegnato, dalla morte improvvisa della nonna, dal primo incontro con Daniel «alto, biondo atletico e molto sicuro di sé», ma possessivo e geloso, un po’ esibizionista, sicuramente eccessivo nelle sue reazioni.
Julia è giovane e inesperta, pensa solo di essere molto amata, non sente i campanelli d’allarme, neppure quando, dopo un diverbio violento con un automobilista, Daniel sale in auto, «mi ha afferrato il mento e lo ha girato verso di sé dicendomi “Rispetto: non te lo scordare mai!”».
Gli atteggiamenti aggressivi e violenti di Daniel si ripetono, se pure intervallati da scuse e fiori.
Il racconto li sottolinea, ne mette a fuoco la gravità, sia che si tratti di uno schiaffo, sia invece che si riferisca a soprusi sottili, a tentativi di annullare la dignità e la personalità della moglie.
E poi, il violento non si limita a umiliare la donna, ma trascura e umilia anche i figli, nascondendo abilmente agli estranei la sua vera natura, «come se in lui ci fossero due persone distinte».
L’elenco delle malefatte di quest’uomo è lungo, ha ucciso una gattina tanto amata dalla figlia e ne ha fatto uno spezzatino, spacciandolo per coniglio; ha praticamente messo la moglie in condizione di rinunciare anche al più banale dei passatempi; ha messo zizzania tra moglie e figli con bugie stupide e cattive… probabilmente mosso da una gelosia patologica o dal timore di non essere più al centro di pensieri ed azioni.
È per questa esigenza che «è stato generoso con la famiglia, con i figli, con i miei genitori… era generoso perché aveva bisogno di essere guardato…».
Per anni, ha persino rifiutato un figlio, forse «perché mi assomigliava più degli altri perciò, secondo lui, lo amavo di più. Colpiva mio figlio per colpire me».
E, nonostante tutto, Julia gli rimane vicino, «quante volte mi sono detta che dovevo lasciarlo!», sopporta richieste estenuanti di prestazioni sessuali in qualunque luogo e a qualsiasi ora, si sente accusare in malo modo di avere amanti, rischia persino di essere uccisa da lui («mi ha presa e mi ha messa fuori in balcone sollevandomi oltre il parapetto») o di essere coinvolta in qualche incidente («…ha iniziato a guidare a tutta velocità contro mano. Che avevo fatto? Tutti ci suonavano…io ero terrorizzata, pregavo») poi, infine, prende la decisione di parlarne con i suoi genitori, tutti la comprendono, ma il senso del dovere le impone di rimanere a casa per i figli.
E dunque continuano gli atteggiamenti intimidatori e violenti: Julia conosce e frequenta un giovane uomo, ma l’amicizia è un sentimento sconosciuto a Daniel, che non sopporta neanche le amiche di sua moglie!
Vari sono i tentativi di fuga di Julia, mentre Daniel simula persino il suicidio e continua ad offenderla e oltraggiarla anche alla presenza dei figli che, a volte, arrivavano a credere alle menzogne del padre.
Il passare degli anni tende a smorzare le manifestazioni violente e l’infinita pazienza di Julia in qualche modo consente che la famiglia non si sfasci.
Certo, una donna che per anni e anni vive nel terrore di essere incolpata di mille misfatti, finisce col credere di non essere una buona moglie o una madre modello, finisce col perdere ogni energia: è allora che Julia si inventa un rifugio segreto, un «non luogo» tutto suo, interiore, che nulla e nessuno potrà mai strapparle.
La conclusione della storia sembrerebbe a lieto fine: i due dopo quarant’anni vivono insieme, lei lo assiste, i figli sono diventati adulti… Ma che vita è stata quella di Julia, che – come dice Mahatma Gandhi – non ha aspettato che passasse la tempesta, ma ha imparato a ballare sotto la pioggia?
Luciana Grillo – [email protected]
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