Luigi Sardi: «Cesare Battisti… l’altro volto»
Un dibattito inedito è previsto a Borgo Valsugana per venerdì 28 novembre
A Borgo Valsugana, venerdì 28 novembre, nella Sala Rossa della Comunità di Valle «Valsugana e Tesino», ci sarà un dibattito inedito, dal titolo «Cesare Battisti…l’altro volto».
Attraverso alcuni documenti firmati da Battisti o a lui inviati da personaggi del Regno d’Italia, si guarderà la figura del giornalista e geografo nell’agosto e settembre del 1914 quando, nelle città del Regno, cominciava la sua campagna interventista.
Battisti aveva passato il confine il 21 agosto e da Milano aveva inviato alla moglie una breve lettera di nessun interesse salvo un particolare: sotto il francobollo aveva scritto: «La guerra è sicura. Per questo insisto cessazione “Popolo”. Per questo potranno aiutarti Giuliano ed Avancini. Io andrò stanotte a Roma. Tornerò subito. Telegrafami tuo arrivo Italia».
Dunque Battisti era sicuro della guerra dell’Italia contro l’Austria, ordinava a Ernesta Bittanti di chiudere il giornale e lasciare l’Austria con l’aiuto del fratello Giuliano Battisti e di Augusto Avancini.
Poi il 22 agosto scriveva sempre da Milano al Ministro della Guerra.
«Per il caso di guerra con l’Austria mi metto a completa disposizione del Ministero della Guerra, chiedendo di essere arruolato nell’esercito regolare o in quei corpi volontari che sorgessero d’intesa col Governo.
«Ho trentanove anni. Ma sono forte e abituato ai disagi della montagna. Da venti anni mi dedico allo studio della geografia fisica del Trentino, sul quale ho pubblicato molte memorie scientifiche e molte guide turistiche. Nutro fiducia che la mia domanda sarà accolta e che sarò mandato fra le prime file alla frontiera.»
Ecco la firma in calce alla missiva: «Dott. C. Battisti, Deputato al Parlamento Austriaco per la Città di Trento».
Quattro giorni più tardi scriverà ad Ercole Smaniotto, capitano degli Alpini, addetto allo Stato Maggiore, Ufficio Monografie e Guide.
Con Smaniotto era già stato in collaborazione e in corrispondenza dal Trentino e gli aveva fatto recapitare a Verona, fin dagli anni precedenti, molte informazioni militari e politiche.
Dunque Battisti fece una scelta immediata, senza tentennamenti, ripensamenti.
Era convinto che quella guerra avrebbe abbattuto le teste coronate, compreso quella dei Savoia, liberato l’Europa dall’imperialismo prussiano, dai nazionalismi e dato il governo al popolo.
In verità erano molti a pensare che la guerra fosse una necessità per rovesciare la storia, liberare il proletariato, costruire quegli assetti democratici sui modelli della Francia e dell’Inghilterra.
Ma anche quanti partirono volontari nel pieno dell’entusiasmo, cambiarono rapidamente idea nella tragica realtà delle trincee.
Proprio in quei giorni d’agosto il giornalista Paolo Maranini scrisse a Battisti da Bologna.
«Hai fatto bene a passare il confine, perché la pelle te l’avrebbero fatta volentieri… Il giornale il “Secolo” insiste sulla neutralità armata; il “Mattino” che gode di una certa autonomia ha vivacemente esortato ad uscire dalla neutralità.
«L’ora è tragica. Se l’Austria crolla, non capisco a chi dovrebbero appartenere le province italiane. Ma come potrebbe l’Italia reclamarle se si tiene in disparte? E il tenersi in disparte non è favorevole per lei e per la causa della civiltà europea.»
Battisti intensifica il suo lavoro di informatore del Regio Esercito.
Scrivendo a Rosolino Poggi, colonnello di Stato Maggiore, capo dell’Ufficio Informazioni Militari a Roma, gli fornisce alcune indicazioni di carattere esclusivamente militare, evidentemente ricevute da un informatore rimasto a Trento.
Descrive la trincea della Panarotta, comunica che ad Ala era arrivato un vagone di fucili molto vecchi, che «al municipio di Trento è stato imposto di fornire molto filo per la corrente ad alta tensione».
Poggi risponderà con un: «Onorevole, Ho regolarmente ricevuto la sua pregiata ed interessantissima lettera, ricca di particolari precisi e perciò utilissimi…».
Insiste Battisti con una lettera a Tolomei.
«A Milano le dimostrazioni non attecchiscono. C’è un sorda opposizione alla guerra tanto nella borghesia quanto nel proletariato.»
E Tolomei gli risponde.
«Le pressioni delle Ambasciate estere sono in questi giorni fortissime, dicesi decisive. Si negoziano con l’Intesa i compensi! Qualche giornale chiede la tregua delle agitazioni di piazza, ma non daremo tregua, anzi le intensificheremo! L’impeto avverrà in Carniola, a fianco dei serbi. Faremo Natale a Vienna.»
Era il 17 settembre, le città del Regno erano sempre più scosse dalle agitazioni di piazza mentre il Governo, con evidente scarsissima attenzione al segreto, cercava di accordarsi ora con l’Austria ora con l’Intesa per i compensi territoriali, poco occupandosi della gente che viveva in quelle regioni.
Ancora Battisti fornisce a Poggi altre indicazioni militari.
«Il sindaco di Trento Vittorio Zippel, venuto per poche ore a Verona, mi affermava esserci ora in città 12.000 soldati ai quali devono aggiungersi quelli dei forti, circa 500 per forte, in tutto 4.000 uomini» e poi comunica altri dettagli di carattere militare.
C’è anche una corrispondenza fra Battisti e Angelo Gatti ufficiale di Stato Maggiore del Regio Esercito, professore di storia alla scuola di Guerra di Torino, dal 1915 addetto al comando della Prima Armata e dal gennaio del 1917 al Comando Supremo come intimo collaboratore del generale Cadorna, autore di importanti libri sulla guerra, soprattutto quello veramente interessante su Caporetto pubblicato a Bologna solo nel 1964.
Battisti rimase fermo nel proprio convincimento e continuò, lo faceva da tempo, a fornire informazioni militari a Roma come testimoniato dalle lettere inviate al colonnello di Stato Maggiore Rosolino Poggi, capo dell’Ufficio Informazioni Militari dove sono elencati reggimenti, trincee e nuovi lavori di fortificazione eseguiti nel Trentino.