Teatro e Grande Guerra al Castello di Pergine
L’ultimo appuntamento fissato per mercoledì 9 settembre al tema della Grande Guerra attraverso due eventi
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Saranno quindi due gli eventi che mercoledì 9 settembre 2020 chiuderanno la rassegna estiva al Castello di Pergine.
Alle ore 17.00 andrà in scena Sotto la stessa croce - Unter dem gleichen Kreuz, un monologo sulla Grande Guerra prodotto da Raumtraum.
A cent’anni dal primo conflitto mondiale e dal processo Calamandrei, lo spettacolo scritto e portato in scena da Giulio Federico Janni, frutto di un approfondito lavoro di ricerca storica, racconta di una guerra sporca, fatta di morte e di domande, di dubbi, di sopravvivenza.
In scena le emozioni della divisa, gli odori del fronte, la semplicità dei combattenti e la loro arrendevolezza a una guerra di cui condividono sempre meno le ragioni.
Si passa così dall’assaggiare il rancio a sentire la fame, dal notare la grandezza della Natura a dolersi della piccolezza dell’Uomo, dall’annusare l’olezzo dei cadaveri a ridere di quel riso amaro che rende la riflessione più intima.
Lo spettacolo è anche l’occasione per ricordare il primo processo in cui Piero Calamandrei, futuro membro dell’Assemblea Costituente, fece da avvocato.
Un caso che mostra tutta la follia della guerra, e quanto la vita umana fosse ormai diventata una semplice merce di scambio o, peggio ancora, un mezzo di comunicazione, qualcosa da poter togliere con leggerezza, solo per «dare l’esempio» al resto della truppa.
Il racconto è fatto di momenti di vita quotidiana in trincea, di ostilità create a tavolino e di fatali incontri tra le barricate opposte.
Giulio Federico Janni, attore di lungo corso che negli ultimi dieci anni è stato diretto diverse volte da Alessandro Gassmann, ne mostra il lato più umano ma anche più scomodo, dando voce alla popolazione, oltre che ai soldati di entrambe le parti.
Una guerra tra fratelli, dunque, quella combattuta sul fronte delle Alpi, dove «Unter dem gleichen Kreuz! - Sotto la stessa croce!» urla l’ufficiale austriaco lasciandosi dietro i suoi «nemici», dopo aver diviso con loro viveri e legna. Un urlo contro la guerra, a favore dell’ormai perduta umanità.
Alle ore 18.00 andrà invece in scena Conflict Archaeology Quel che resta della Grande Guerra, un viaggio tra le tracce «tangibili» della Grande Guerra.
La Conflict Archaeology («Archeologia dei conflitti») è una disciplina, diffusa dagli anni ’90 del XX secolo, che ha come obiettivo lo studio dei conflitti (antichi e moderni) attraverso le tracce materiali da essi generati.
I resti materiali della Prima guerra mondiale sono innumerevoli: trincee, campi di battaglia, rifugi sotterranei, imponenti tracce di modificazione del paesaggio; nonché gli oggetti e i resti umani ritrovabili in quei contesti.
Nella lezione recitata Conflict Archaeology - Quel che resta della Grande Guerra, partendo dall’analisi di un «reperto archeologico» della Prima guerra mondiale, un paio di soprascarponi in paglia utilizzati dai soldati durante i turni di guardia nella postazione austriaca di
Punta Linke (oggi in Trentino, nel gruppo Ortles-Cevedale, a 3629 m di altitudine), si raccontano il senso di questa archeologia del moderno e i metodi per giungere «dalle cose agli uomini», da una conoscenza emotiva alla ricostruzione storica.
L’interpretazione del passato è sempre indissolubilmente legata al nostro modo di essere nel presente.
Il ritrovamento di corpi di soldati morti durante la Grande Guerra, non raro nei contesti alpini d’alta quota a causa dello scioglimento dei ghiacci, mette in particolare evidenza i nostri legami con il conflitto e con i meccanismi guidano la comprensione di quel particolare passato.