Storie di donne, letteratura di genere/ 41 – Di Luciana Grillo
Erika Dellacasa, la storia della famiglia Costa: «È una società preclusa alle donne. Solo nel 1925 verrà ammessa Bice de Ferrari, vedova da due anni di Federico
Titolo: I Costa. Storia di una famiglia e di un'impresa
Autore: Dellacasa Erika
Editore: Marsilio 2012 (collana Gli specchi)
Pagine: 315, illustrato, rilegato
Prezzo di copertina: € 22
Note: Disponibile in eBook
Oggi, quando si dice Costa, si pensa immediatamente alle grandi navi da crociera che congiungono luoghi lontani solcando gli oceani, portando in giro un variopinto insieme di etnie, lingue, tradizioni.
E invece, la famiglia Costa è partita da lontano, vendendo olio di oliva – comprato anche nel sud dell’Italia – persino in America, come scrive, in una lettera alla famiglia, datata 18 settembre 1903, il giovane Eugenio, che non aveva un’ottima padronanza della lingua inglese, ma sapeva concludere gli affari a Philadelphia, a Chicago, a Washington, a Buffalo, a Boston, a New York.
Nel 1910, in uno studio notarile di Genova, nacque la società di fatto «Giacomo Costa fu Andrea Snc», tra Giacomo, settantaquattrenne, i suoi tre figli Eugenio, Enrico e Federico e il nipote Andrea.
Questa società, sciolta negli anni 1917-1919, durerà fino al 1986.
È una società preclusa alle donne, forse anche per proteggerne il patrimonio personale in caso di crisi. Solo nel 1925 verrà ammessa Bice de Ferrari, vedova da due anni di Federico.
Quello che stupisce, leggendo la storia dei Costa, è l’impegno morale a mantenere sana la società di famiglia, la condivisione convinta di valori, l’obbligo a tenere comportamenti etici, la capacità di inglobare altre generazioni.
I Costa, morendo, hanno lasciato ai loro eredi testamenti morali di grande significato, come Federico, ad esempio, che dopo aver esortato i suoi «a non abbandonare mai la religione cattolica», scrive: «Siate sinceri, assolutamente sinceri…voi avete il dovere di conservare pura la vostra anima, ma avete anche il dovere di conservare integro il Vostro avere materiale».
E passa poi a elencare tre virtù principali:
Onestà, poiché se sarete onesti acquisterete la stima dei vostri amici e clienti e avrete facile il lavoro.
Buona volontà: se trascurate i vostri doveri e rimettete tutto al domani scontenterete le persone che vi daranno del lavoro e le allontanerete da Voi.
Umiltà, ossia cortesia con tutti, siano ricchi o poveri, perché questo è il miglior modo per acquistare l’affetto delle persone che avete intorno…
Fuggite il lusso, perché mettersi nel lusso equivale a diventare poveri.
La Dellacasa ha consultato documenti importanti e sottolinea sempre, comunque, la semplicità dei modi e il senso di responsabilità che caratterizza i Costa, ciascuno dei quali mette a disposizione del rischio d’impresa il proprio personale patrimonio.
E inserisce i figli nell’azienda, se vogliono entrarvi, senza condizionarli, tanto che alcuni prendono strade diverse, seguendo anche la vocazione artistica, come Giovanni Battista, figlio del capostipite Giacomo, o religiosa, come Marianna, figlia di Eugenio, entrata nella congregazione delle Figlie del Cuore di Maria e impegnata sia nell’organizzazione della Protezione della Giovane che nell’Apostolato del Mare, che assisteva i marittimi e le loro famiglie a terra.
Altri sacerdoti sono Padre Giovanni Costa e due nipoti entrati nell’Ordine dei Gesuiti, Padre Eugenio senior, figlio di Giacomo I e Padre Eugenio junior figlio di Enrico.
Al commercio e al trasporto dell’olio, che si pubblicizza sia nelle strade che nei Caroselli tv, i Costa affiancano altre attività imprenditoriali e soprattutto creano una flotta commerciale, a partire dal 1942: si trasportano da un capo all’altro del mondo anche carni e frutta, ci si avvicina al mondo del tessile, nasce la «Filanda e Tessitura Costa», si realizzano, con le sete Costa, abiti firmati Dior, Givenchy, Balenciaga ecc. e l’avventura durerà fino agli anni ‘80, quando la concorrenza delle sete orientali diventerà insostenibile.
Dal 1948, la Costa si impegna nelle crociere, l’incremento è significativo, il futuro è nel divertimento, la nostra economia consumistica, pur fra profonde diseguaglianze, va in questa direzione.
L’intuito di Angelo Costa spinge alla creazione di una classe “turistica” perché, se è vero che, all’inizio, si trattava di un prodotto elitario, non era difficile prevederne una massificazione.
Cosa puntualmente avvenuta!
I Costa si sono adeguati ai tempi, offrono lavoro a intere classi degli Istituti Alberghieri e creano Scuole di formazione.
Ma anche questa «dinastia» non è immune da dolori e lutti: gli otto orfani di Federico e Pia, morti in un incidente stradale, vanno tutelati, la più piccola ha solo due anni…Gli eventi incalzano, la crisi degli anni ’70 colpisce anche i Costa, il terrorismo irrompe nella loro vita con il rapimento di Piero, era il 1977.
I Costa invitano a pregare, organizzano turni di preghiera, celebrazioni di Messe, Padre Giovanni scrive: «Cari nipoti…è questo per Voi il momento di chiamare a raccolta tutte le virtù, quelle di uomini e quelle di cristiani.»
Il decennio successivo segna la fine della produzione olearia e l’inizio di una dolorosa crisi, dovuta anche al fatto che i Costa hanno affrontato da soli ogni emergenza, non piegandosi a compromessi perché «la nostra impostazione mentale ce lo ha impedito, non si può cambiare dall’oggi al domani».
Verso la fine degli anni ’90, quando il mondo si avvia al terzo millennio e le crociere sono diventate un fenomeno di massa alla portata di (quasi) tutti, Nicola Costa ammette «che non avremmo potuto reggere i livelli di investimento necessari per non perdere terreno… Alcuni di noi avrebbero voluto resistere perché lasciare le navi significava lasciare l’ultima attività che vedeva ancora impegnata la famiglia e che legava il nome Costa a Genova, altri invece proprietari ma lontani da tempo dalla gestione della società volevano vendere e realizzare.»
Così, nel 1997, i Costa raggiungono un accordo con Carnival, numero uno del mercato crocieristico mondiale, con l’obbligo del mantenimento del nome Costa.
Si chiude un’epoca, «ma la grande famiglia non si è perduta, si è moltiplicata, la sua storia è diventata la somma di tante storie…»
Sinceramente, devo ammettere che ho letto questo libro perché sono una crocierista fedele a Costa, fin da quando, in anni lontani, ho toccato “le perle del Mediterraneo” con l’Anna C., in compagnia di genitori, fratelli, zii e cugini.
Riconosco che ancora oggi il livello di qualità del servizio è buono, mi spiace che in qualche modo sia stato tradito lo spirito religioso dei Costa: da qualche tempo sulle navi non c’è più il Cappellano, utile ai passeggeri, ma soprattutto sostegno morale per tutti i lavoratori che spesso, nel ventre delle grandi navi, sentono il bisogno di una parola buona.
Luciana Grillo
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