Come migliorare la qualità della vita? – Di Nadia Clementi
Ne parliamo con la dottoressa Elisabetta Galante, la cui attività di Counseling ha proprio l’obbiettivo di migliorare la qualità della vita
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Nella vita capita a tutti di attraversare un periodo particolarmente difficile: momenti di crisi dovuti a difficoltà legate a eventi dolorosi, a volte imprevedibili (lutti, malattie, incidenti, separazioni, fallimenti, cambiamenti di lavoro etc.).
Molte volte i problemi si conoscono, altre, invece, viviamo situazioni in cui ci sentiamo a disagio, demotivati e non ci è chiaro il perché.
Tutto ci appare scuro, nero: è faticoso andare a lavorare, a scuola, stare con la famiglia, prendere delle decisioni importanti. Diventa anche difficile divertirsi con gli amici, ritagliarsi uno spazio proprio.
Quando ci troviamo in un periodo simile, non è sempre possibile trovare dentro di noi le risorse per affrontarlo e talvolta ci sembra che pure che le persone vicine non siano in grado di ascoltarci integralmente. In un periodo di crisi affettiva o professionale, ad esempio, è facile sentirsi dire da amici o familiari frasi come «vedrai che passerà», oppure «devi portare pazienza», «dovresti fare in questo modo anziché in quell’altro…».
Apparentemente, certe frasi sono gratificanti ma non sempre risolutive, e in alcuni casi possono ulteriormente inasprire la situazione del disagio. In queste situazioni un percorso di counseling diventa importante, poiché il «counselor» (il professionista in counseling) ci accoglie, comprendendo pienamente la sofferenza che stiamo vivendo in quel momento, offrendoci ascolto, sostegno e orientamento per affrontare e superare i problemi con maggiore consapevolezza.
Il counselor lavora sullo sviluppo delle risorse personali atte a migliorare e a rendere il proprio stile di vita più soddisfacente e creativo. Insieme a questa figura, si possono costruire quei cambiamenti desiderati nelle situazioni conflittuali.
Il counselor può essere quel professionista che si pone accanto alla persona e insieme ad essa percorre vie, scopre possibilità, aiuta ad attivare nuove risorse, agevola lo sviluppo di strategie che spesso consentono, a chi è in crisi, di superare il momento di difficoltà.
Chi si trova in una situazione difficile nella quale sembra non esistere una via d’uscita può trarre vantaggio da un percorso di counseling e concedersi un fondamentale diritto: quello di poter raccontare la propria storia, di esprimere il proprio dolore, di darsi il permesso di piangere e, mentre ci si racconta, avere qualcuno accanto disposto ad ascoltare in modo autentico e non giudicante. Il counseling, dunque, offre uno spazio di ascolto e di riflessione, nel quale esplorare difficoltà relative a processi evolutivi, fasi di transizione e stati di crisi, e rinforzare capacità di scelta o di cambiamento.
È un intervento che utilizza varie metodologie mutuate da diversi orientamenti teorici. Si rivolge alle famiglie, a gruppi e Istituzioni, e può essere erogato in vari ambiti, privati, sociali, scolastici, sanitari e aziendali.
La figura del counselor ha già una lunga storia nella tradizione anglosassone, prima negli Stati Uniti e di seguito in Gran Bretagna.
Da diversi anni anche in Italia sono nati veri e propri percorsi formativi della durata minima di tre anni che preparano professionisti qualificati, in grado di fornire un aiuto concreto nel momento del bisogno, senza per questo sconfinare in ambiti che non competono loro, come quello dello psicologo o dello psicoterapeuta.
Vista l'importanza di questa figura professionale, abbiamo conosciuto la dott.ssa Elisabetta Galante, counselor che da anni collabora con Anvolt per il progetto «La forza del sorriso».
Chi è Elisabetta Galante Dopo una laurea umanistica e un master in comunicazione, ho lavorato per tanti anni nell’ambito della formazione e delle competenze trasversali, soprattutto in contesto lavorativo ed educativo. La mia propensione ad entrare in relazione con le persone mi ha spinta ad intraprendere il percorso di formazione in counseling (ad indirizzo psicosintetico) proprio perché centrato sulla persona, sulle sue risorse e sulla relazione. Dal 2008 lavoro come counselor professionista sia con i singoli che con i gruppi e continuo ad approfondire sia la mia formazione in ambiti specifici che la mia supervisione personale e professionale. Sono attualmente in formazione per diventare supervisor counselor e sono accreditata ad Assocounseling (associazione professionale di categoria a livello nazionale che accredita counselor professionisti con attestati di qualità e di qualificazione professionale) e a SIPO (società italiana di psiconcologia). In modo particolare lavoro nell’ambito del benessere personale e relazionale (disagi legati ai cicli di vita, relazioni di coppia, sul lavoro, in famiglia ecc.), professionale (bilanci di competenze, cambi di ruoli lavorativi, counseling aziendale e career counseling, reinserimento lavorativo), e sociosanitario (counseling oncologico, counseling di fine vita, formazione). |
Dottoressa Galante qual è l'esatta definizione di counseling?
«Il counseling professionale è un’attività nell’ambito delle relazioni di aiuto che ha come obiettivo il miglioramento della qualità della vita del cliente, sostenendo i suoi punti di forza e le sue capacità di autodeterminazione.
«Il counseling offre uno spazio di ascolto e di riflessione, nel quale esplorare difficoltà relative ad eventi che la vita ci presenta: cambiamenti, lutti, separazioni, problemi lavorativi, problemi di salute, ecc.
«È un intervento che utilizza metodologie diverse in base ai diversi orientamenti teorici. Si rivolge al singolo, alla coppia, al gruppo e può interessare vari ambiti: privato, sociale, scolastico, sanitario, aziendale.»
Qual è la differenza tra il counseling e la psicoterapia?
«La differenza è sostanziale e va tenuta ben presente. La psicoterapia riguarda l’area del disagio e della sofferenza psichica (non della malattia mentale, di competenza dello psichiatra) e si rivolge a persone che necessitano di una ristrutturazione profonda della personalità, che manifestano disturbi e sofferenze rilevanti e non temporanee.
«Per questo la durata, il setting, le metodologie di intervento e le tecniche sono diverse. Il counseling si propone invece come risposta a un disagio, a un malessere, a un evento traumatico, ad una crisi momentanea, alle sofferenze legate alle trasformazioni del ciclo di vita.
«È un intervento breve, limitato nel tempo che lavora nel qui ed ora. Il counselor tratta un problema recente, non strutturato e dunque non patologico, ma legato alla vita e alle sue trasformazioni.
«Lavora sulla parte sana della persona, potenziandola. In altre parole si rivolge a chi sta abbastanza male da rendersi conto di avere bisogno di un aiuto, ma sta ancora abbastanza bene da potersi impegnare in prima persona per risolvere i propri problemi.
«Detto questo, bisogna infine sottolineare che il counselor non fa diagnosi (di competenza dello psicologo) ma sa valutare se il cliente che ha di fronte porta un problema che non è di sua competenza. In questo caso si fa un invio al professionista più indicato (psicologo, psicoterapeuta, psichiatra).»
Il counseling è una delle professioni disciplinate con la Legge 4/2013? A chi si rivolge? Quali sono le aree di competenza?
«Il counseling è disciplinato dalla legge 4/2013 e dunque è una professione riconosciuta e organizzata non in ordini professionali ma in associazioni di categoria. Per poter iscriversi ad un’associazione professionale di counseling è necessario dimostrare un certo percorso formativo, occorre sostenere un esame, garantire e certificare il proprio aggiornamento professionale e la supervisione, oltre a tutta una serie di altri requisiti, quali il rispetto di un codice deontologico e l’obbligo di contrarre un’assicurazione per la responsabilità professionale.
«Il counseling è prima di tutto una relazione non tra un terapeuta e un paziente, ma tra un counselor e un cliente. Questa definizione chiarisce immediatamente una parità di fondo in un rapporto in cui la persona non si sente malata, ma alla ricerca di un percorso per migliorare la propria qualità di vita.
«In quest’ottica il counseling si rivolge a persone che decidono autonomamente non di guarire da una patologia ma di vivere meglio, di imparare a conoscere e utilizzare al meglio le proprie risorse, di trasformare un malessere o un disagio in un’occasione di trasformazione e di consapevolezza di sé.
«Gli ambiti di competenza sono diversi. Oltre a quello classico degli interventi individuali, in cui il counselor agisce come libero professionista, vi sono applicazioni specifiche in campo sociosanitario, organizzativo e professionale, comunitario.
Come si svolge un percorso di counseling? Cosa avviene durante gli incontri? Quanto durano e qual è l'obbiettivo finale?
«Come dicevo prima, il percorso di counseling ha la caratteristica di essere breve e mirato al problema che porta il cliente. Non è previsto un numero fisso di incontri perché questo può cambiare in base al percorso che si condivide con il cliente.
«Il primo colloquio è sicuramente uno dei momenti più importanti e delicati dell’intero percorso. L’obbiettivo è prima di tutto quello di mettere a proprio agio la persona, consentendole di esprimersi liberamente e di sentirsi ascoltata, compresa e soprattutto non giudicata.
«Riescono così ad emergere emozioni e sentimenti importanti per creare una relazione che si prende cura. Se da una parte è importante accogliere nel migliore dei modi, dall’altra è però altrettanto importante definire insieme il problema da affrontare, l’obiettivo da raggiungere e, non ultimo, esplicitare e concordare la modalità dei vari incontri.
«Negli incontri successivi si affronterà il problema attraverso l’attivazione delle risorse spesso inutilizzate, lo sviluppo delle sue facoltà trascurate, un ampliamento della sua consapevolezza e conoscenza di sé.
«L’obbiettivo è di aiutare il cliente ad aiutarsi in modo autonomo. Si utilizzeranno e si sceglieranno insieme le tecniche adatte per svolgere al meglio questo percorso partendo dalle propensioni personali. L’obiettivo finale è quello di riconoscere meglio il disagio, accettarlo, rielaborarlo e trasformarlo in azioni positive permettendo scelte costruttive per il futuro anche immediato.»
Qual è la differenza tra percorsi individuali e di gruppo?
«Il percorso individuale è concentrato sui bisogni e gli obiettivi del singolo cliente, mentre i percorsi di gruppo sono solitamente orientati ad una tematica comune. In ambedue i casi alla base c’è la cura della relazione, l’empatia, la fiducia e il non giudizio.
«Il percorso individuale garantisce maggiore intimità e privacy, mentre il percorso di gruppo può essere occasione di confronto, di sostegno reciproco e di messa in comune di energie.»
Chi sono in particolare le persone che chiedono aiuto nel nostro territorio e per quali disagi?
«Non posso fare una descrizione delle persone che arrivano in counseling perché non ci sono categorie precise. Le persone arrivano su invio, per passaparola o per informazioni raccolte per lo più in rete, spinte dal bisogno di essere ascoltate nel loro disagio.
«Alcune conoscono già il counseling e la sua modalità, altre invece arrivano senza una consapevolezza precisa del loro problema. In questo caso il counselor ascolta, presenta il proprio ambito di intervento e casomai invia ad un professionista più adatto.
«Le richieste più frequenti sono legate all’emergere di disagi e problemi compatibili con la vita quotidiana di tutti noi.»
Il counseling è particolarmente indicato nei momenti in cui: • compare una difficoltà nuova e inattesa (peggioramento delle prestazioni scolastiche o lavorative, difficoltà nelle relazioni quotidiane ecc.); • è necessario far fronte a un cambiamento inevitabile (perdita del lavoro, trasferimento, comparsa di una malattia, separazioni, lutti ecc.); • si sente il bisogno di maggiori strumenti per affrontare un compito importante (preparazione dei figli ad una separazione, a una perdita, a un trasferimento, fronteggiamento di un impegno di lavoro, preparazione a colloqui di lavoro); • è necessario trovare un nuovo adattamento in un ciclo di vita che sta cambiando (inizio della genitorialità, adolescenza dei figli, fine dell’età lavorativa ecc.); • diventa difficile continuare a sostenere ritmi o compiti impegnativi (assistenza a un familiare malato o disabile, equilibrio famiglia-lavoro ecc.). |
Sa dirci più o meno quante sono le figure professionali counselor presenti in Trentino? Sono riconosciute dall'Azienda Sanitaria Provinciale?
«Non sono in grado di dare cifre precise. Le persone che frequentano scuole di counseling sono tante. Molte di queste portano le abilità di counseling all’interno della loro professione (insegnanti, infermieri, assistenti sociali, educatori ecc.), continuando a svolgere la loro attività, molti meno decidono di lavorare come counselor professionisti a tempo pieno. In Trentino siamo molto pochi.
«La professione di counselor non rientra nelle professioni sanitarie ma nell’ambito della relazione di aiuto. In altre regioni di Italia (Veneto, Lombardia, Toscana, Piemonte per esempio) i counselor sono presenti in ospedali, consultori, hospice. Anche se la legge 4/2013 prevede che questa professione possa essere esercitata nella forma di lavoro dipendente in enti pubblici e privati, non mi sembra che attualmente, sul nostro territorio, sia prevista questa possibilità.»
Chi volesse chiedere aiuto a chi deve rivolgersi?
«Deve fare riferimento alle varie associazioni di categoria di counseling, consultabili in internet, dove trova la lista dei counselor accreditati in Trentino.
Vuole parlarci della Sua importante collaborazione con ANVOLT?
Da anni sono specializzata in counseling oncologico e collaboro anche con l’associazione Anvolt. Per l’associazione mi occupo in particolare di colloqui individuali con i malati e i loro famigliari.
«La diagnosi di cancro destabilizza fortemente a livello emotivo e nell’organizzazione quotidiana della vita, sia il malato che le persone a lui vicine. C’è grande bisogno di sostegno, ascolto qualificato e accompagnamento durante le cure.
«Questo tipo di sostegno non è sempre garantito dalle strutture sanitarie in modo continuativo e in questo senso l’offerta dell’associazione Anvolt è veramente preziosa. Preziosa perché sempre presente, può contare su una rete di professionisti diversi e molto qualificati, non mette nessun limite di accesso e questo mi sembra veramente di notevole importanza.
«Cosa affronto insieme ai miei clienti oncologici: la paura della morte e della sofferenza, il senso di impotenza, la scelta e l’accettazione delle cure mediche, il vissuto degli effetti collaterali soprattutto nelle donne, la gestione delle relazioni all’interno della famiglia e con i figli, il vissuto delle modifiche del proprio corpo.
«Sono tematiche enormi, che spaventano molto, ma che attraverso la presenza, la qualità della relazione, l’empatia e la rete di medici attenti e disponibili, possono rendere questa esperienza dolorosa un’opportunità di crescita.
«Seguo anche il progetto la Forza e il Sorriso, dedicato alle donne che affrontano cure chemioterapiche. Sono incontri mensili dove in piccoli gruppi si affronta il tema della cura di sé, della propria pelle, della propria immagine anche in un momento di forte difficoltà sia fisica che psicologica.
«Gli incontri sono tenuti da una consulente di immagine ed estetista specificamente preparata. Durante gli incontri emerge sempre un grande desiderio di confrontarsi su un’esperienza comune difficile creando però un clima spensierato, rilassato, dedicato a se stesse.»
Nadia Clementi - [email protected]
Elisabetta Galante - [email protected]
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