Alex Schwazer, abbiamo perso un campione e recuperato un uomo
Si è consumata la conferenza stampa dove l’ex campione si è confessato, annunciando il suo ritorno alla vita
Si è proprio consumata la conferenza stampa d’addio indetta oggi a mezzogiorno da Alex Schwazer presso l’Hotel Four Point di Bolzano. E' stata la prima (e presumibilmente anche l’ultima) dopo la sua squalifica dalle Olimpiadi per aver fatto uso di sostanze dopanti.
È stata una tragedia vera, una sofferenza autentica. Ma è stata anche una liberazione vera e propria, che ha fatto uscire il nostro Alex da un tunnel che avrebbe potuto avere conseguenze ben più gravi.
Come aveva detto il giorno prima suo padre, oggi presente in sala con la sua famiglia, «il mostro se ne è andato dalla sua testa con la confessione. Il grosso è fatto».
Se suo padre era stato toccante, con la sua assunzione di colpa per non aver capito che il figlio stava passando il momento peggiore della sua vita, ora è toccato a lui, Alex, a raccontare per filo e per segno la storia della sua tragedia.
I particolari della ricerca in internet e dell’acquisto in Turchia, sono ininfluenti, a meno che non servano a chi deve prendere precauzioni in futuro.
Il nocciolo della questione è stata invece la decisione di assumere sostanze dopanti. Perché l’ha fatto?
Perché era entrato nel circolo vizioso di una vita che non stava più dietro ai ritmi che era costretto a mantenere.
Non poteva smettere («non si può piantarla lì a 23 anni»), ma era troppo stressante partecipare a un’attività agonistica che si ricorda di te con superficialità un paio di volte all’anno e con severe pretese ogni quattro anni.
Tutti si attendevano da lui tutto, anzi di più. A partire dalla Federazione, «che non mi ha certo aiutato».
E così, quando è stato il momento, si è trovato solo. Come Pantani. Non poteva andare avanti, non poteva andare indietro, non poteva fermarsi. E ha ceduto.
Non sarebbe solo suo padre a dover fare il mea culpa. Ma il sistema, intero. Compreso quello di noi giornalisti che inneggiamo ai vincitori e condanniamo i perdenti, soprattutto quelli dai quali ci saremmo aspettati grandi cose.
E ancor più quelli che in un momento come questo hanno saputo trovare solo parole da tragedia greca, come se Schwazer avesse tradito tutti noi.
Gli avevano fatto un controllo antidoping pochi giorni prima dell'assunzione. Quando a sorpresa furono tornati, poteva negarsi, lo consente il regolamento per un paio di volte.
Ma lui già non ha più voluto mentire. Il problema non era più l’Olimpiade, la medaglia d’oro, il successo. L’obbiettivo era il ritorno alla vita normale, dove non fosse costretto a mentire per sopravvivere.
Questo è stato il vero ritorno alla vita.
E così ha consegnato la prova della sua colpevolezza, sapendo di aver chiuso con tutto.
Ora si è liberato.
Abbiamo perso un campione, ma abbiamo ritrovato un uomo.
Guido de Mozzi