Esaurite le scorte di Champagne – Di Giuseppe Casagrande

Il motivo principale è la forte richiesta da parte degli Stati Uniti. Gli americani approfittano del cambio dollaro-euro per acquistare le bottiglie più blasonate

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Il pianeta bollicine sta vivendo un momento magico. Dopo il fenomeno Prosecco (750 milioni di bottiglie), il boom degli spumanti metodo classico con l'exploit del Trentodoc (12 milioni di bottiglie) oggi gli onori della cronaca spettano allo Champagne che, alla faccia della crisi economica, dell'inflazione a doppia cifra e della guerra alle porte di casa, ha già esaurito le scorte in occasione delle ormai imminenti festività natalizie.
 
 Sarà un Capodanno senza Moët & Chandon, Krug e Dom Pérignon?  
Sarà un Capodanno senza lo Champagne? Sembra proprio di sì stando almeno alla dichiarazione di Philippe Schaus, amministratore delegato di Moët Hennessy, la divisione vini e alcolici di Lvmh (Louis Vuitton Moët Hennessy), il colosso francese nato nel 1987 dalla fusione tra le imprese Louis Vuitton, uno dei grandi marchi della moda, e Moët Hennessy, specializzata in vini e alcolici. Philippe Schaus, amministratore delegato di alcuni dei marchi più prestigiosi (Veuve Clicquot, Dom Pérignon, Ruinart, Krug, Moët & Chandon), ha affermato che la sua azienda rischia di esaurire le scorte degli Champagne prima di Natale.
La dichiarazione, rilasciata a Bloomberg TV nell’intervista al «New Economy Forum» di Singapore, ha fatto il giro del mondo.
Il motivo principale è la forte richiesta da parte degli Stati Uniti: gli americani approfittano del dollaro forte (scambiato alla pari con l'euro) per accaparrarsi le bottiglie di Champagne disponibili sul mercato, anche le più blasonate e costose.
 

 
 Il paragone con i ruggenti anni Venti del Novecento  
Lvmh, la più grande società quotata in Francia, ha beneficiato dell’euro debole rispetto al dollaro Usa, per cui i suoi prodotti sono più economici in termini reali con grande soddisfazione dei wine lover americani.
Ma c’è un altro motivo: le lunghe restrizioni imposte dalla pandemia in tutto il mondo fanno emergere un desiderio sempre più forte di divertimento, lusso e viaggi.
Per il Ceo del gruppo LVMH questo periodo storico è addirittura paragonabile ai ruggenti Anni Venti del Novecento, un’epoca di vertiginosa crescita economica, ma anche di grandi festeggiamenti, oltre che di consumi abnormi di alcolici.
 

 
 Nonostante la guerra e l'inflazione il mercato del lusso non conosce crisi  
La guerra e l’inflazione non sembrano dunque fermare il mercato del lusso. Schaus ha comunque affermato che il problema delle scorte di Champagne dovrebbe risolversi entro i primi mesi del prossimo anno, anche se i costi dei prodotti subiranno inevitabilmente dei rincari, in certi casi anche importanti.

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Giuseppe Casagrande – [email protected]