Gabriele Rosani, «Tra paesaggio e anima» - Di Daniela Larentis

Al suo attivo una laurea magistrale in Arti visive. Attraverso la sua tesi indaga il rapporto fra uomo e natura – L’intervista

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Tanti sogni da realizzare, un punto di partenza per molti giovani desiderosi di costruirsi un futuro, e anche per Gabriele Rosani, un giovane artista trentino da poco laureato, il quale conta al suo attivo oltre a una laurea magistrale in Arti visive conseguita presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna, una grande passione per l’ambiente, in particolare per la montagna.
Egli ha affrontato artisticamente, attraverso la sua tesi, un concetto da sempre indagato dalla filosofia, appartenente alla coscienza collettiva nella nostra epoca, il rapporto che intercorre fra l’uomo e la natura: da un lato descrive il dominio del primo sulla seconda, per poi presentare una visione ostile dell’ambiente naturale, inospitale, fino a giungere a una situazione davvero auspicabile di perfetta convivenza, assecondando un desiderio di riconciliazione con l’ambiente naturale.
I paesaggi si modificano, si evolvono, cambiano nel tempo, come muta il modo dell’uomo di concepirli e di rappresentarli.
Il messaggio di fondo è chiaro, il paesaggio può essere inteso come il luogo dove cultura e natura si incontrano, nella consapevolezza che esso sia da intendere come bene comune, tuttavia tuttora minacciato dalla scellerata e miope azione distruttiva dell’uomo.
Abbiamo incontrato Gabriele Rosani e gli abbiamo rivolto alcune domande sul lavoro svolto.
 

 
Lei ha da poco conseguito una laurea magistrale in Arti visive. Quando è nato questo interesse?
«È un interesse che ho da sempre, fin da bambino. Questa mia innata passione mi ha portato a frequentare prima il liceo artistico a Trento e poi l’Accademia di Belle Arti di Bologna.
«Già al liceo ho avuto modo di sperimentare varie tecniche. All’Istituto d’Arte mi sono dedicato inizialmente al corso d’Arte dei metalli e dell’oreficeria, orientato al design del gioiello, per poi optare in Accademia per Grafica d’Arte, un indirizzo che riguarda tutto il mondo della stampa, soprattutto tradizionale, la calcografia, la xilografia, litografia, potremmo definirle tecniche antiche (la xilografia risale all’Alto Medioevo, le incisioni venivano molto usate soprattutto in epoca rinascimentale a scopo illustrativo o artistico: c’era il pittore che dipingeva e l’incisore, invece, incideva sulla lastra per poi passare alla stampa). Una decisione, quella di indirizzarmi verso la Grafica d’Arte, motivata dalla convinzione di potermi esprimere maggiormente in questo ambito.»
 
Qual è il titolo della tesi e quale argomento affronta?
«Il titolo della tesi è Tra paesaggio e anima; il dialogo fra paesaggio e anima è l’argomento che ho affrontato, come, cioè, mutano nel tempo i sentimenti dell’uomo di fronte al paesaggio, al cospetto della natura in cui è immerso.»
 
Ci può descrivere brevemente il processo che ha portato alla redazione finale della sua tesi?
«Ho preso in considerazione diversi paesaggisti, partendo dall’epoca rinascimentale, dove il paesaggio serviva solo da scenografia, per poi indagare i romantici ed arrivare così ai giorni nostri, quindi artisti di diversi periodi.
«Sono partito dal Dürer, è stato un eccezionale incisore e non potevo tralasciarlo; ho poi preso in considerazione Turner, inoltre Friedrich, per quanto riguarda l’area tedesca, Biffi in ambito italiano, poi Ceschin ed altri, tutti importanti pittori e incisori di paesaggi appartenenti ad epoche diverse, ai quali mi sono ispirato.»
 

 
Ce n’è uno, fra tutti quelli da lei esaminati, a cui si sente particolarmente legato?
«Da un lato mi sento molto vicino ai romantici, come Caspar David Friedrich, per via dell’atmosfera che questo artista riusciva a creare anche con elementi piuttosto semplici, dall’altro mi piace molto anche Livio Ceschin, esponente di spicco dell’arte incisoria italiana, il quale si serve della tecnica per trasmettere anche un messaggio».
 
Quali sono stati gli elementi principali del lavoro svolto?
«Ho preso in esame diversi artisti, soprattutto nell’ambito dell’incisione di paesaggi, i quali mi sono serviti come fonte di ispirazione, per arrivare alla realizzazione pratica della tesi, ovvero un trittico, formato da tre pannelli stampati e una calcografia, che parte da un paesaggio antropizzato, per poi diventare sempre più naturale, perfino selvaggio e ostile nei confronti dell’uomo, poco adatto quindi alla sua sopravvivenza, fino a giungere a una situazione di equilibrio e di perfetta convivenza fra uomo e natura.
«Tutti e tre gli elementi hanno un formato di 50x70 cm. Questi tre pezzi formano, una volta affiancati, un paesaggio lineare e continuo.
«Il mio intento è stato quello di trasmettere un’emozione, al di là della piacevolezza del risultato, e di focalizzare l’attenzione sul rapporto che l’uomo ha nella nostra epoca con l’ambiente che lo circonda.»
 

 
Potrebbe darci qualche altro dettaglio del trittico da lei realizzato, descrivendolo?
«Il primo pannello è in plexiglas, sulla superficie reca stampato un paesaggio montano con al centro un lago, sulle sponde del quale si affacciano una città, campi e pascoli. Il disegno è stato realizzato da me su carta, prima a matita, poi ripassandolo gran parte a penna a inchiostro liquido. Il cielo, le nubi e alcuni dettagli sono stati realizzati interamente alternando l'uso della matita a quello dell'acquerello.
«Il disegno è stato stampato con inchiostro liquido tramite stampante a laser, il pannello di plexiglas garantisce la trasparenza di fondo, dando un'idea artificiosa della natura. L'ambiente di tutto il trittico è stato creato prendendo ispirazione da luoghi per la gran parte realmente esistenti (nella prima parte, per esempio, mi sono ispirato al Monte Grappa e alle catene a esso vicine. La catena sopra al lago ricorda quella della Vigolana, in prossimità di Trento, a destra, invece, è riconoscibile una catena dolomitica).
«La seconda parte, stampata su un pannello in poliflex bianco, rappresenta una vetta, alla cui destra si può osservare la fine della catena montuosa raffigurata nel pannello precedente, essendo il progetto pensato come un disegno continuo diviso in tre parti.
«Qui l’intenzione è stata quella di rappresentare un’altra visione dell'uomo nei confronti della natura, un iniziale avvicinamento verso un ambiente da cui si è affascinati ma che suscita ancora un forte timore.
«L'ultima parte del lavoro è una stampa calcografica, utilizzando la tecnica dell'acquaforte e dell'acquatinta.
«In primo piano è raffigurata una scarpata, coperta da un cumulo di svariati massi, la rappresentazione metaforica dell'ultimo ostacolo, l'ultima barriera da superare per giungere alla vallata, che simboleggia il cambiamento dello stato d'animo umano verso l'accettazione della natura.
«Quest'ultima parte è quindi il traguardo di tutto il percorso, la rappresentazione di un luogo simbolo del dialogo uomo-natura, ovvero la conciliazione tra l'ambiente naturale e l'animo umano.»
 
Progetti futuri?
«Mi piacerebbe dedicarmi all’insegnamento, ma anche continuare ad esprimermi attraverso il linguaggio artistico.
«Mi interessa molto l’incisione, mi piace molto la tecnica dell’acquaforte, ma anche la pittura, sia ad acrilico che l’acquerello.»
 
Daniela Larentis – [email protected]