Mugabe: il Führer africano al cospetto del Papa – Di M.Scandola

In barba alle critiche del Mondo, alle diffide dell’Europa, alla sacralità del Vaticano

Piccolo, quasi offuscato dalla consorte di verde vestita, seduto nelle poltronissime di piazza San Pietro, il presidente dello Zimbabwe sorride.
Ma è un sorriso che ha il sapore di sfida. E che vuole indignare.
Robert Mugabe, da 32 anni unico presidente dell'ex Rhodesia, non è nuovo infatti a suscitare le critiche più accese. La sua partecipazione all'intronizzazione di papa Francesco non è stata che l'ultima, eclatante provocazione del dittatore africano.
A Mugabe piace molto partecipare ai giorni magni della Chiesa.
 
E come non è stato per il funerale e per la cerimonia di beatificazione di papa Giovanni Paolo II, così, neppure questa volta, la stizza dell'Ue, che dal 2002 ha interdetto il suo ingresso in Europa in quanto persona «non gradita», è riuscita a fermarlo.
Ha preso l'aereo per Fiumicino lo stesso, nonostante nel suo Zimbabwe l'esito del recente referendum del 16 marzo scorso abbia visto, per la prima volta, ridimensionarsi i suoi poteri presidenziali e imponga il limite di due soli mandati per il capo del governo.
Limitazione che, guarda caso, non si può applicare retroattivamente e che permette quindi all'ormai novantenne Mugabe la corsa ai nuovi giochi elettorali del prossimo luglio.
 
Non un ombra attraversa il viso sporcato dal sole del presidente zimbabwese, mentre ascolta l'omelia del nuovo pontefice.
Eppure qualche preoccupazione dovrebbe pur averla, vista, ad esempio, la dichiarazione, del gennaio scorso, del suo ministro delle finanze in relazione ai fondi rimasti nelle casse dello Stato. Circa 217 dollari.
O magari dovrebbero turbarlo i recentissimi avvenimenti nel suo paese. Per dirne un, l'arresto dell'avvocato Beatrice Mtetwa, che secondo il News Day è stata incriminata per aver chiesto la presentazione di un mandato di perquisizione ai poliziotti che domenica scorsa avevano fatto irruzione in una sede del Movimento per il cambiamento (unico partito d'opposizione del paese) per arrestare quattro esponenti del partito.
Esponenti che, a detta della testata online The Zimbabwean, erano impegnati nella compilazione di un dettagliato dossier sulla corruzione del governo.
 
Insomma il volto del vecchio dittatore avrebbe il dovere di essere inquieto.
Anche solo in ragione del suo passato istituzionale, troppe volte abbandonato al vento del crimine.
Ne è esempio il lontano 1982, quando Mugabe aveva inviato la Quinta brigata [un'unità militare addestrata dai nordcoreani – NdR] nella regione del Matabeleland, mettendo in atto una vera e propria pulizia etnica ai danni di 20.000 (ventimila) persone dell'etnia ndebele.
E come non ricordare, dopo anni di politica economica sbagliata, la sua trovata, ancora più sbagliata, per recuperare il consenso della popolazione.
Quando nel 2000, spinto da un giustizialismo anti-colonialista, aveva deciso di richiamare i reduci della guerra d'indipendenza e i contadini senza terra per far loro occupare le fattorie dei discendenti dei coloni bianchi.
Inutile dire che dopo questa riforma agraria lo Zimbabwe da «granaio dell'Africa» era (ed è) divenuto il più assiduo cliente degli aiuti umanitari. Anche se spesso la somministrazione di questi aiuti subisce la regolamentazione del governo che si riserva di distribuire i prodotti della solidarietà internazionale solo a chi presenta la tessera di fedeltà al partito di Mugabe.
 
Accanto a questi folli decreti si aggiungono anche le accuse di brogli elettorali che hanno impedito nel 2002 la salita al potere del sindacalista Morgan Tsvangirai, suo strenuo oppositore .
Addirittura nel 2005 per disperdere l'elettorato che, raggruppato nelle periferie urbane, si manteneva fedele all'opposizione, Mugabe ha lanciato l'operazione Murambatsvina: in lingua shona «spazzar via».
Ovvero il provvedimento con cui ha eliminato tutte le baracche delle bidonvilles cittadine, gettando 2,4 milioni di persone nelle campagne, dove sarebbe stato più difficile votare per il partito di Tsvangirai.
Insomma malgrado tutto, o forse proprio per questo, l'impresentabile tiranno africano continua a sorridere.
Non resta che augurarsi che il risultato delle elezioni di luglio, per una volta, riesca a moderare la sua letizia.
 
Miryam Scandola