Riabilitazione visiva, realtà e futuro – Di Nadia Clementi

Ne parliamo con Gaetano Savaresi, Presidente Associazione Retinitis Onlus

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Le malattie che colpiscono la retina potranno essere sconfitte grazie a nuovi progetti e farmaci sperimentali.
Tra le patologie più diffuse vi sono la retinite pigmentosa, il glioma delle vie alte, la degenerazione maculare, la malattia di Stargardt.
Alcune hanno origine genetica, sono rare e provocano dei problemi che in alcuni casi sono irreversibili (come la cecità che rappresenta l’esito finale), altre, come ad esempio la degenerazione maculare, insorgono principalmente in età adulta con conseguente perdita della visione centrale impedendo, ad esempio, di riconoscere i volti, leggere un giornale o guidare.
L’Associazione Retinitis ONLUS non ha fini di lucro e persegue esclusivamente propositi di solidarietà sociale; svolge la propria attività nei settori dell'assistenza sociale e socio-sanitaria a supporto dei disabili visivi presso il Centro di Ipovisione e Riabilitazione Visiva diretto dal dottor Paolo Ferri, e della Clinica Oculistica dell’Università degli Studi di Milano, Ospedale San Paolo, diretta dal prof. Luca Rossetti. L’Associazione offre gratuitamente la propria esperienza per rispondere alle richieste dei cibernauti che consultano abitualmente il suo sito (circa 100.000 contatti l’anno), e per dare il proprio contributo nell’assistenza degli ipovedenti che si recano presso il centro.
 
L'ipovisione comprende una componente centrale che deriva dalla riduzione dell'acutezza visiva ed una componente periferica che è espressione del danno del campo visivo. La prima compromette prevalentemente le attività «da vicino», la seconda compromette la mobilità autonoma.
Parlare di qualità della visione nel paziente ipovedente può sembrare assurdo: infatti la condizione visiva del soggetto ipovedente viene abitualmente considerata dall'oftalmologo come risultato terminale di un grave danno funzionale dell'apparato oculare, non più suscettibile di miglioramento.
Di fronte ad un tale risultato egli considera concluso il suo compito perché con i mezzi clinici a disposizione non è più in grado di giovare al paziente e considera estranei alla sua competenza i mezzi ed i sistemi riabilitativi che oggi consentono di migliorare la «qualità del residuo visivo» e in definitiva di migliorare la qualità di vita del paziente.
D'altra parte, l'ipovisione rappresenta una realtà che coinvolge pressoché quotidianamente l'oculista, dato che è in costante aumento il numero di soggetti con minorazioni visive.
 
 Tra le possibili cause di tale incremento due sembrano essere le principali 
1) L'aumento della vita media della popolazione, che comporta un incremento delle invalidanti malattie legate all'età (per esempio la maculopatia senile).
2) L'affinamento delle tecniche diagnostiche e terapeutiche (soprattutto chirurgiche) che consentono di trattare più precocemente, ma soprattutto con maggiore efficacia, gravi lesioni oculari che non esitano più in cecità ma in menomazioni visive irreversibili (per esempio la retinopatia del prematuro, la retinopatia diabetica ed il distacco di retina con proliferazione vitreo-retinica).
Ecco allora che parlare di qualità della visione e della vita nel paziente ipovedente riveste una notevole importanza in relazione alle dimensioni di questa problematica, ma soprattutto per le possibilità di attenuare gli svantaggi che la condizione del «minorato visivo» comporta.
 
 La capacità visiva dell'ipovedente 
Il livello qualitativo della visione del paziente ipovedente è in grado di condizionare la sua vita di relazione: l'attività lavorativa, la mobilità e l'orientamento spaziale in maniera differente a seconda del tipo di minorazione visiva.
Un paziente portatore di una menomazione visiva che lo classifica come ipovedente può comportarsi, a seconda della prestazione richiesta, come un cieco, come un ipovedente o come normovedente.
Uno stesso soggetto può agire come persona con una visione ridotta, per un livello di luminanza inferiore, e come un cieco per bassissimi livelli di illuminazione (per esempio pazienti con la retinite pigmentosa).
Soggetti con menomazioni visive che comportano uno scarso adattamento al buio possono cambiare le loro abitudini fino a non uscire mai di casa.
Per poter contrastare la perdita di autonomia a causa di queste patologie, l’Associazione ha dato il via ad un progetto sperimentale, con il coinvolgimento del Centro Distrofie Retiniche diretto dal dottor Leonardo Colombo ed il Laboratorio di Biochimica e Biologia Molecolare diretto dal prof. Riccardo Ghidoni, con lo scopo di sviluppare farmaci, trattamenti di foto-stimolazione e elettro-stimolazione trans-palpebrale e con la creazione di un network specifico per agevolare i pazienti nei tempi, quindi nella diagnosi precoce, ma anche nell’assistenza e nella riabilitazione.
Una fase del progetto ha preso in considerazione lo studio sull’uso e l’efficacia di una proteina (scoperta eccezionale della studiosa Rita Levi Montalcini), il Nerve growth factor (Ngf), su un’altra patologia rara che colpisce la retina, il glioma ad alte vie. Sino ad ora anche i risultati di questa ricerca sono stati più che positivi.
Mentre presso il laboratorio di Biochimica e Biologia Molecolare dell’ospedale San Paolo di Milano si sta studiando l’efficacia di una sostanza, la miriocina, presente in un fungo, nei confronti della retinite pigmentosa.
Sino ad ora gli studi si stanno conducendo sugli animali, sperando che in futuro prossimo si possa sperimentare anche sull’uomo.
All’interno del progetto vi è anche la creazione di un apposito network che sarà a disposizione dei pazienti.
Una rete che avrà il compito di creare un registro con tutte le patologie genetiche e rare della retina, che permetterà ai pazienti di avere delle visite più veloci e quindi delle diagnosi più precoci; saranno seguiti in tutto e per tutto grazie a degli esperti con i quali potranno confrontarsi, avere delle consulenze, un’assistenza e riabilitazione familiare. Inoltre questi pazienti potranno essere inseriti nei vari studi e trial clinici per poter sperimentare e creare nuovi farmaci e terapie specifiche.
Sempre presso l’ospedale San Paolo è stata messa a punto una metodologia per intervenire
chirurgicamente nei casi di Degenerazione Maculare.
Noi per saperne di più abbiamo intervistato Gaetano Savaresi, Presidente dall'Associazione Retinitis Onlus che opera nei settori dell'assistenza sociale e socio-sanitaria in collaborazione con la Clinica Oculistica dell'Università degli Studi di Milano e il cui scopo principale è quello di informare ed assistere le persone non vedenti e ipovedenti presso il Centro di Ipovisione e Riabilitazione Visiva dell'Ospedale San Paolo di Milano.

 Chi è Gaetano Savaresi 
Gaetano Savaresi – Low Vision Consultant PHD in Psicologia Master in Scienze Oculari.
Presidente Associazione Retinitis Onlus; Consulente Centro di Riabilitazione Visiva – Ospedale San Paolo di Milano; Consulente Centro di Riabilitazione Visiva – Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo;Co-relatore delle Linee Guida per la Riabilitazione Visiva per la Regione Lombardia; Relatore in Italia ed all’estero sulla metodologia mista chirurgico-riabilitativa IOL-Vip; Docente presso la Facoltà di Optometria dell’Università di Houston (Texas) sulle strategie riabilitative informatizzate.


Signor Savaresi quali sono le principali malattie della retina che possono essere trattate presso il vostro centro? 
«La degenerazione maculare, che interessa il 65% dei pazienti ipovede nti oltre i 60 anni, il Glaucoma, la Retinite Pigmentosa e la Malattia di Stargardt.»
 

Occhio con cataratta e degenerazione maculare.
 
Quali sono i problemi funzionali della degenerazione maculare?
«La persona affetta da questa patologia perde la visione del dettaglio, questa situazione comporta l’impossibilità di guidare, riconoscere i volti dei propri cari, leggere caratteri di piccole dimensioni rendendo difficile il mantenimento del proprio ruolo sociale.»
 

Visione con cataratta e degenerazione maculare.
 
Quali sono i primi segnali di allarme importanti per i quali è necessario consultare lo specialista?
«Quando guardando il volto delle persone che ci stanno davanti appare una macchia scura al posto del viso, quando i profili lineari appaiono distorti o non si riesce leggere i caratteri di stampa.»
 

Visione occhio sano.
 
Come può intervenire il Centro di Riabilitazione Visiva?
«Chirurgicamente con l’impianto di mini-telescopi e mini-microscopi intra-oculari. Funzionalmente con percorsi riabilitativi personalizzati volti a restituire la maggior parte di autonomia persa a causa della patologia.»
 
Quali sono le nuove strategie per la riabilitazione visiva?
«Presso il nostro Centro di Milano è disponibile una unità di lavoro dedicata che consente di valutare qual è la capacità visiva potenziale del paziente (spesso ne viene utilizzata meno della metà), quale tipo di temperatura colore prescrivere per una illuminazione adeguata alle capacità visivo-residue del paziente per la prescrizione di trattamenti foto-stimolativi e/o di neuro-modulazione a micro-corrente.»
 
Sarà possibile in futuro, grazie alla tecnologia innovativa, dare la vista ai non vedenti?
«Come noto, sono diversi anni che si annunciano occhi bionici in grado di restituire la vista la ciechi.
«Al momento, alcuni risultati soddisfacenti sono stati ottenuti con l’impianto di una retina artificiale denominata Argus II di fabbricazione americana presso i centri di Pisa, Firenze e Camposampiero ai quali si affiancherà nelle prossime settimane l’ospedale San Paolo di Milano.»
 
Quali sono le terapie consigliate?
Nei casi di degenerazione della macula di tipo umido (Dry form), sono disponibili iniezioni intra-vitreali, mentre nelle forme atrofiche è possibile considerare l’intervento chirurgico per l’inserimento all’interno dell’occhio di un piccolo telescopio.
«La soluzione chirurgica è stata recentemente rivista ed è assolutamente rapportabile ad un normale intervento di cataratta con impianto di cristallino artificiale morbido
 

Impianto mini-telescopio intraoculare.
 
Cosa pensa degli «Intelligent Glasses», (occhiali intelligenti) che permetteranno di trasformare l'informazione visiva ai non vedenti? Realtà o fantascienza?
Gli occhiali intelligenti che traducono l’informazione visiva (tramite micro-telecamere) in voce, sono già disponibili anche se purtroppo soltanto in lingua inglese.
 
Quali sono gli ausili disponibili oggi per gli ipovedenti e quali quelli previsti per il futuro?
«L’informatizzazione e l’elettronica in generale a disposizione di chi ha una bassa visione sono in costante aumento, facilitando il mantenimento del livello sociale del paziente.»
 
Vuole spiegarci come funziona il telescopio intraoculare?
«Il telescopio intraoculare è costituito da una lente fortemente negativa che viene inserita nella sede del cristallino dopo la rimozione della massa catarattosa e funge da oculare, davanti a questa viene posta una lente fortemente positiva con anse decentrate con la funzione di obiettivo del telescopio con effetto prismatico.
«Il paziente viene sottoposto ad una simulazione dell’impianto per valutare se ci sono concrete possibilità di miglioramento e quale direzione il chirurgo deve dare alla deviazione prismatica. In questo modo è possibile indirizzare l’asse visivo nella zona di retina sana.»
 

Visione attraverso il telescopio intraoculare.
 
Quali sono nello specifico i servizi offerti dall'associazione Retinitis Onlus?
- «Aggiornarsi costantemente sulla conoscenza delle nuove strategie per la riabilitazione visiva e sugli ausili ad alta tecnologia che, dopo una serie di accertamenti sulla loro efficacia e funzionalità, vengono messi liberamente (per prove dirette) a disposizione di tutti i soggetti ipovedenti che ne facciano richiesta ed in particolare di coloro che sono affetti da degenerazione maculare senile e da retinite pigmentosa.»
 
- «Fornire un servizio di informazione sulle risorse (esempio: centri di riferimento per lo studio delle malattie rare, laboratori di genetica molecolare, ecc.) disponibili sul territorio e finalizzate all’integrazione nella società dei soggetti ipovedenti. Gli esperti dell’Associazione assistono il paziente nella produzione di documentazioni nell’eventualità che la struttura contattata richieda una visita e, se richiesto, accompagnano il paziente al laboratorio.»
 
- «Svolgere un’opera di informazione e sensibilizzazione sui problemi e le possibili soluzioni disponibili per i soggetti ipovedenti con corsi mensili gratuiti presso le aule didattiche dell’Ospedale San Paolo, attività svolta dagli esperti dell’Associazione e che viene offerta anche agli oculisti e ai vari operatori del settore interessati.»
 
- «Collaborare con enti pubblici, università e realtà operative ed economiche nel settore scientifico-sanitario, mettendo a disposizione un frame work per la condivisione di informazioni agli studenti universitari relative a nuovi ausili e strumenti per dare loro la possibilità di frequentare i corsi in completa autonomia.»
 
Nadia Clementi - [email protected]
Sig. Gaetano Savaresi - [email protected]
Dott. Paolo Ferri - [email protected]
Dott. Leonardo Colombo - [email protected].
Sito: www.retinitis.org