Il 23 novembre di quarant’anni fa il Terremoto dell’Irpinia
Colpì la Campania e la Basilicata con magnitudo 6,9 provocando 2.914 morti – Lo sdegno del presidente Pertini fece nascere la Protezione Civile – I terremoti dell’Irpinia
Pertini e Forlani in Irpinia.
Il terremoto colpì alle 19:34:53 di domenica 23 novembre 1980 con una forte scossa durata circa 90 secondi, con un ipocentro di circa 10 km di profondità.
Colpì un'area di 17.000 km² che si estendeva dall'Irpinia al Vulture, posta a cavallo delle province di Avellino, Salerno e Potenza.
I comuni più duramente colpiti (X grado della scala Mercalli) furono quelli di Castelnuovo di Conza, Conza della Campania, Laviano, Lioni, Sant'Angelo dei Lombardi, Senerchia, Calabritto e Santomenna.
Gli effetti, tuttavia, si estesero a una zona molto più vasta interessando praticamente tutta l'area centro meridionale della penisola: molte lesioni e crolli avvennero anche a Napoli interessando molti edifici fatiscenti o lesionati da tempo e vecchie abitazioni in tufo.
A Poggioreale crollò un palazzo in via Stadera, probabilmente a causa di difetti di costruzione, causando 52 morti.
Crolli e devastazioni avvennero anche in altre province campane e nel potentino, come a Balvano dove il crollo della chiesa di S. Maria Assunta causò la morte di 77 persone, di cui 66 bambini e adolescenti che stavano partecipando alla messa.
L'entità drammatica del sisma non venne valutata subito
I primi telegiornali parlarono di una «scossa di terremoto in Campania» dato che l'interruzione totale delle telecomunicazioni aveva impedito di lanciare l'allarme.
Soltanto a notte inoltrata si cominciò a evidenziarne la più vasta entità.
Da una prospezione effettuata nella mattinata del 24 novembre tramite un elicottero vennero rilevate le reali dimensioni del disastro.
Uno dopo l'altro si aggiungevano i nomi dei comuni colpiti; interi nuclei urbani risultavano cancellati, decine e decine di altri erano stati duramente danneggiati.
Nei tre giorni successivi al sisma, il quotidiano Il Mattino di Napoli enfatizzò la descrizione della catastrofe.
Il 24 novembre il giornale titolò «Un minuto di terrore - I morti sono centinaia», in quanto non si avevano notizie precise dalla zona colpita, ma si era a conoscenza del crollo di via Stadera a Napoli.
Il 25 novembre, appresa la vastità e gravità del sisma, si passò a «I morti sono migliaia - 100.000 i senzatetto», fino al titolo drammatico del 26 novembre «Cresce in maniera catastrofica il numero dei morti (sono 10.000?) e dei rimasti senza tetto (250.000?) - FATE PRESTO per salvare chi è ancora vivo, per aiutare chi non ha più nulla».
La cifra dei morti, approssimata per eccesso soprattutto a causa dei gravi problemi di comunicazione e ricognizione, fu poi ridimensionata fino a quella ufficiale, ma la cifra dei senzatetto non è mai stata valutata con precisione.
Ricostruita la dinamica del terremoto
L'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) ha appurato che l'area interessata ha subìto tre distinti fenomeni di rottura lungo differenti segmenti di faglia, succedutisi in circa 40 secondi.
Tali segmenti sono stati localizzati sotto i monti Marzano, Carpineta e Cervialto.
Dopo circa 20 secondi la rottura si è propagata verso SE in direzione della Piana di San Gregorio Magno.
Dopo 40 secondi, localizzata a NE del primo segmento, si è verificata la terza rottura di faglia.
La frattura ha raggiunto la superficie terrestre generando una scarpata di faglia ben visibile per circa 35 km.
Studiando le registrazioni delle repliche dell'evento si evince una struttura crostale molto eterogenea, come dimostrato dalle variazioni della velocità delle onde P mostrata a differenti profondità, e un processo di rottura estremamente complesso.
Le polemiche sui soccorsi
Il 25 novembre, nonostante il parere contrario del presidente del Consiglio Forlani e altri ministri e consiglieri, Pertini si recò in elicottero sui luoghi della tragedia, dove lo aspettava l'allora Ministro degli affari esteri, il potentino Emilio Colombo.
Di ritorno dall'Irpinia, in un discorso in televisione rivolto agli italiani, l'allora Capo dello Stato denunciò con forza il ritardo e le inadempienze dei soccorsi, che sarebbero arrivati in tutte le zone colpite solo dopo cinque giorni.
«Non vi sono stati i soccorsi immediati che avrebbero dovuto esserci. Ancora dalle macerie si levavano gemiti, grida di disperazione di sepolti vivi.»
Le dure parole del presidente della Repubblica causarono l'immediata rimozione del prefetto di Avellino Attilio Lobefalo, e le dimissioni (in seguito respinte) del Ministro dell'interno Virginio Rognoni.
Il discorso del Capo dello Stato ebbe come ulteriore effetto di mobilitare un gran numero di volontari che furono di grande aiuto in particolare durante la prima settimana dal sisma.
L'opera dei volontari fu in seguito pubblicamente riconosciuta anche con una cerimonia a loro dedicata in Campidoglio, a Roma.
La Protezione Civile Italiana deve al «J’accuse!» di Pertini la sua nascita e cosituzione.
La nomina di Zamberletti a Commissario Straordinario
Giuseppe Zamberletti, che aveva affronatto con grande successo il terremoto del Friuli, fu nominato Commissario straordinario per il Terremoto dell'Irpinia.
I resoconti dell'Ufficio del Commissario Straordinario hanno quantificato i danni al patrimonio edilizio.
È risultato che dei 679 comuni che costituiscono le otto aree interessate globalmente dal sisma (Avellino, Benevento, Caserta, Matera, Napoli, Potenza, Salerno e Foggia), 506 (il 74%) sono stati danneggiati.
Le tre province maggiormente sinistrate sono state quelle di Avellino (103 comuni), Salerno (66) e Potenza (45).
Trentasei comuni della fascia epicentrale hanno avuto circa 20.000 alloggi distrutti o irrecuperabili.
In 244 comuni (non epicentrali) delle province di Avellino, Benevento, Caserta, Matera, Foggia, Napoli, Potenza e Salerno, altri 50.000 alloggi hanno subito danni da gravissimi a medio-gravi.
Ulteriori 30.000 alloggi lo sono stati in maniera lieve.
Principali eventi sismici che colpirono l'Irpinia dal XV secolo a oggi - Terremoto del 5 dicembre 1456: colpì un'area vastissima che si estendeva dal golfo di Taranto (ove vi fu anche un maremoto) fino a tutto l'Abruzzo. Il sisma, di cui non si conosce con precisione l'epicentro, provocò in tutto diverse decine di migliaia di morti. - Terremoto del 15 gennaio 1466: con epicentro a sud della sella di Conza, presso i monti Eremita-Marzano; causò gravi danni e centinaia di morti nell'Irpinia meridionale. - Terremoto del 29 marzo 1517: con epicentro fra il Formicoso e la Baronia; non si conosce il numero totale delle vittime di tale sisma, ma nel solo borgo di Conza perirono 26 persone. - Terremoto dell'8 settembre 1694, con epicentro lungo l'alto corso dell'Ofanto; provocò circa 6.000 morti, mentre nel golfo di Napoli si sviluppò un maremoto. - Terremoto del 14 marzo 1702, con epicentro nella media valle del Calore a est di Benevento; causò circa 400 vittime. - Terremoto del 29 novembre 1732, con epicentro presso Grottaminarda, nella valle dell'Ufita; provocò alcune migliaia di morti. - Terremoto del 9 aprile 1853, con epicentro presso le sorgenti del Sele, nell'Irpinia meridionale; le vittime furono circa una dozzina. - Terremoto del 7 giugno 1910, con epicentro a Calitri, nella media valle dell'Ofanto; causò quasi 50 vittime. - Terremoto del 23 luglio 1930, con epicentro tra Lacedonia e Bisaccia, nell'alta valle del Calaggio. Provocò 1.404 morti. - Terremoto del 21 agosto 1962, con epicentro tra la bassa valle del Miscano e il fiume Ufita, nell'Irpinia settentrionale. Causò 17 vittime. - Terremoto del 23 novembre 1980, con epicentro nell'alta valle del Sele, nell'Irpinia meridionale. Provocò 2 914 morti. |