«I delitti commessi nel nome della fede possono essere considerati crimini contro l’umanità?»

Lo abbiamo chiesto a Fatou Bensouda, procuratore della Corte internazionale dell’Aja contro i crimini di guerra, i genocidi e i crimini contro l’umanità

 Scheda - Chi è Fatou Bensouda
Il 12 dicembre 2011 la signora Fatou Bensouda del Gambia è stata eletta con il consenso del procuratore della Corte penale internazionale dall'Assemblea degli Stati.
La signora Bensouda ha prestato giuramento il 15 giugno 2012.
Bensouda aveva già ricoperto la carica di vice procuratore CPI (l’accusa), essendo stata eletta con una schiacciante maggioranza dall'Assemblea degli Stati in data 8 agosto 2004 e che ha servito in tale veste fino a maggio 2012.
Prima del suo lavoro presso la Corte penale internazionale, ha lavorato come consigliere giudiziario e avvocato di prova presso il Tribunale penale internazionale per il Ruanda (ICTR) ad Arusha, in Tanzania, passando per la posizione di Senior Advisor legale e capo dell'unità consultivo giuridico.
 
Prima di entrare nel ICTR, che è stata Direttore Generale di una primaria banca commerciale in Gambia.
Tra il 1987 e il 2000, è stata in succesisone consigliere di Stato maggiore, Procuratore Generale, Vice Direttore della Pubblica Accusa, Procuratore Generale e Segretario legale della Repubblica, e il Procuratore Generale e Ministro della Giustizia, in cui la capacità ha servito come capo Consigliere giuridico del Presidente e Gabinetto di La Repubblica del Gambia.
 
La signora ha inoltre preso parte ai negoziati per il Trattato della Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale (ECOWAS), dell'Africa occidentale Parlamento e il Tribunale ECOWAS.
Ha servito da delegato a conferenze delle Nazioni Unite in materia di prevenzione della criminalità, l'organizzazione di incontri ministeriali Unity africana sui diritti umani, e in qualità di delegato del Gambia alle riunioni della Commissione preparatoria per la Corte penale internazionale.
Fatou Bensouda ha conseguito un Master in diritto marittimo internazionale e diritto del mare e come tale è il primo esperto di diritto marittimo internazionale del Gambia.

La dottoressa Fatou Bensouda è venuta oggi a tenere la sua lectio magistralis dal titolo «The Court's Achievements, Challenges and Prospects for the Future»
Il suo intervento a Trento è stato un'occasione speciale per ascoltare direttamente da lei cosa significhi colpire oggi il legame tra potere e impunità, cosa sia stato fatto e cosa si faccia per contrastare il fenomeno dei bambini soldato (partendo dalla condanna della Corte contro il congolese Thomas Lubanga), cosa abbia insegnato il caso Darfur, quali siano le dinamiche delle atrocità più recenti (dalla Siria alla Nigeria) e come si cerchi di prevenirle e punirle.
La sua presenza ha attirato una grande quantità di studenti di varie facoltà e studiosi interessati all’argomento. L’auditorium della Facoltà di Lettere, che ha 300 posti a sedere, era praticamente pieno
Al termine è stato offerto ai presenti di porre domande o fare a loro volta degli interventi.
Noi volevamo intervistarla, quindi abbiamo chiesto il microfono anche noi per porre una domanda alla signora.
 
«Non pensa che sarebbe corretto che i crimini commessi nel nome della religione venissero dichiarati delitti contro l’umanità?»

La questione non è da poco, perché in giurisprudenza, la locuzione «crimini contro l'umanità» definisce le azioni delittuose che riguardano violenze e abusi contro popoli o parte di popoli, o che comunque siano percepite, per la loro capacità di suscitare generale riprovazione, come perpetrate in danno dell'intera umanità.
I crimini contro l'umanità sono uno degli oggetti di giudizio della Corte Penale Internazionale che ha sede a L'Aja e che opera nei termini previsti dallo Statuto di Roma. 
 
L'accusa di crimine contro l'umanità include fra i casi perseguiti: il genocidio, la cosiddetta pulizia etnica, lo sterminio di massa, il democidio (l’omicidio politico di massa), la deportazione, la sparizione forzata, la tortura e talvolta anche gli stessi crimini di guerra.
La differenza sostanziale è dunque che una volta inclusa questa tipologia di delitti nell’elenco dei crimini contro l’umanità, tutti i Paesi aderenti al trattato di Roma dovrebbero occuparsi dei criminali dichiarati tali.
 
Si provi a pensare a quanti delitti vengono commessi nel nome di un Dio che non necessariamente deve appartenere alla fede di tutti. La libertà religiosa, infatti è uno dei diritti fondamentali dell’individuo.

«La ringrazio per la domanda che ha fatto, – ci ha risposto. – Va subito detto che spesso la religione viene usata come strumento per raggiungere altri obbiettivi che con la fede c’entrano poco o nulla.
«Gli elementi che si dovrebbero usare per giudicare questi crimini devono andare quindi al di là delle stesse istituzioni.
«Purtroppo ci sono Paesi che non contemplano questi episodi come delitti. L’esempio immediato che ci viene in mente è quello del Mali. Questa guerra è scoppiata perché non vengono condivisi dalla comunità internazionale i principi istituzionali, strutturali, storici e culturali, con cui veniva strumentalizzata la fede islamica. Certamente chi motiva atti di violenza nel nome dell’Islam squalifica lo stesso Islam.
«Il tutto dunque sta nella puntualizzazione di questi fenomeni, perché va condannato il principio più generale per cui la religione non possa venire usata per fini diversi da quelli della fede.»
 
Ringraziamo per la puntuale risposta della dottoressa Fatou Bensouda.
Ha fatto una precisa distinzione giuridica tra i delitti commessi davvero nel nome della religione e quelli in cui la religione è solo un pretesto.
In realtà però non ha risposto alla nostra domanda, cioè se fosse possibile bollare i delitti commessi nel nome della religione come crimini contro l’Umanità.
 
GdM