Storie di donne, letteratura di genere/ 49 – Di Luciana Grillo

Con «Mosca più balena», la Parrella coinvolge il lettore, lo fa pensare e lo invita ad amare la sua incredibile città

Titolo: Mosca più balena
Autrice: Parrella Valeria 
 
Editore: Minimum Fax 2003 (collana Nichel)
Pagine: 103. Brossura
 
Prezzo di copertina: € 9,50
Nota: Disponibile anche usato e in eBook 
 
Nel vasto panorama di scrittori giovani che, in questi anni, cercano di trovare nuove strade letterarie, una delle autrici più gradite dal pubblico dei lettori, sicuramente colta, capace di esprimersi servendosi di una lingua efficace e rigorosa, anche quando mescola italiano e dialetto, è la napoletana Valeria Parrella, quarantenne, laureata in Glottologia, interprete della Lingua Italiana Segni, giornalista.
Ha cominciato scrivendo racconti che hanno il gusto della napoletanità e il profumo della tradizione.
La sua scrittura, moderna, graffiante, ironica, è spesso attraversata dall’amarezza e dal senso del dolore.
Le sue storie sono vere, talora drammatiche, anche legate al mondo classico.
 
«Mosca più balena» è la sua prima raccolta di racconti, sono soltanto sei, ma intensi: si leggono velocemente e poi si rileggono per assaporarne il gusto dolce-amaro.
Il primo, intitolato Quello che non ricordo più, inizia con il ricordo del terremoto negli occhi di una bambina di sei anni che dice: «…La terra scricchiolò, le case ondeggiarono un poco. Ci muovevamo restando fermi» e poi procede attraverso episodi scolastici, avventure, osservazioni sul mondo degli adulti, sempre con un modo che varia tra la sorpresa e lo scherzo.
Ad esempio, a proposito del dottor Spock, che negli anni ’70 suggeriva ai giovani e inesperti genitori come educare i figli, leggiamo: «Quando… li avevo di fronte, mi chiedevo come facesse questo signore, dall’America, senza avermi mai conosciuta, a sapere cosa io andavo cercando dai miei genitori. Oggi, gli chiederei di continuare la collana, e suggerirmi cosa volere che sappiano il mio uomo, il mio datore di lavoro, e ancora i miei genitori».
 
Ecco, dunque, cosa e come scrive la Parrella, con una leggerezza che non è superficialità, con una spontaneità che non è qualunquismo.
Un altro racconto di grande intensità è «Dritto dritto negli occhi», che presenta la storia di una ragazza dei quartieri che vuole diventare come le mamme delle sue compagne di scuola, signore «che avevano la pelle dorata, a mare mettevano la protezione, non come noi, che ci sentivamo soddisfatte solo se ci facevamo rosse da non poterci mettere il reggiseno».
E ci riesce, mettendo in conto lo scotto da pagare con intelligente abilità.
Gli altri racconti si leggono con avidità, una volta che si è entrati nel mondo della Parrella: «Scala Quaranta» ha come protagonista una donna stanca e disincantata, circondata da familiari frettolosi e distratti; «Asteco e Cielo» inizia con la descrizione amara di una giornata in un teatro tenda, dove tanti giovani si accalcano per partecipare ad un concorso e prosegue con un ritorno a casa: «Il mio quartiere ha il numero di una legge, 167.
Un giorno prendo un codice e vedo che significa.
A volte gli studenti di architettura salgono sull’autobus e si fanno il giro tra i palazzi, scattano le foto dai finestrini come i giapponesi, non si azzardano a scendere.
Li vedi a bocca aperta incantati dalle forme e dalla fantasia.
In una di queste fantasie ci vivo io
 
Il quinto è un racconto che tutti i politici dovrebbero leggere; si intitola Montecarlo e la protagonista è Adriana, figlia di operai, ormai adulta, funzionaria del Comune di Napoli, che «stava là perché era capace di organizzare e comandare…entrava in ufficio per prima, usciva per ultima, svuotava da sé il cestino delle carte, non faceva mai telefonate personali, andava in bagno nella pausa pranzo.
«Adriana avvertiva, attraversando i corridoi… il distacco del palazzo dalla città.»
Il sesto è il più lungo, ricco di riflessioni e di suggerimenti per approfondire la condizione femminile: qui si incrociano i destini di una precaria, di una immigrata irregolare, di una dirigente, di due bambini, insomma di tanti che abitano la città e talvolta sembrano invisibili.
Insieme a loro, c’è la capacità di «accogliere» gli estranei in un mondo difficile e miserabile, assordato dal passaggio degli aerei che sorvolano la scuola, tanto che «durante le lezioni sembra di vivere in un frullatore, perché i motori rullano sulle piste, e a ogni decollo le nostre pareti di prefabbricato tremano per la paura».
Ma la vita continua, nonostante tutto, con la capacità di sorridere e persino di far nascere un bambino presso uno svincolo stradale!
La Parrella coinvolge il lettore, lo fa pensare e lo invita ad amare la sua incredibile città.
  
Luciana Grillo
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