Storie di donne, letteratura di genere/ 171 – Di Luciana Grillo
Pina Esposito, «Il silenzio delle madri» – Lo strazio della figlia-narratrice si placa alla fine, nel ricordo e nel dare continuità e senso alla vita di oggi
Titolo: Il silenzio delle madri
Autrice: Pina Esposito
Editore: Oedipus 2016
Collana: La freccia del parto
Pagine: 176, Brossura
Prezzo di copertina: € 15
Ricordi dolci e amari, storie di famiglie e di migrazioni, di amore per la natura e le tradizioni, di amarezza per situazioni non volute eppure irreversibili: tutto ciò è presente nel romanzo di Pina Esposito che, in un ininterrotto colloquio con la madre, mette a nudo la sua anima e ci introduce in un mondo contadino arcaico, apparentemente immobile, sicuramente matriarcale.
Le madri tacciono, ma operano attivamente, vogliono – come Concetta – «i figli laureati e non c’erano versi, laureati dovevano diventare», o affrontano – come Mafalda – «che era gelida nel volto e stanca nel cuore» le pratiche della mammana per abortire.
Sono proprio queste due donne, con le loro storie, ad attraversare il ’900 che rivive nei ricordi e nelle parole della figlia di Mafalda, ormai gravemente ammalata: «Sono a casa di mia madre; ogni volta che vi arrivo palpo con l’animo ogni angolo… Appartengo alla luce che si spalma sulle pareti e alla penombra che si proietta sulla facciata del balcone… Mi illudo di sottrarla all’ignoto e di rapirla a quei fantasmi fatti di niente che la trattengono impunemente».
E insieme alle vicende individuali e familiari, l’autrice racconta «lo sbarco a Salerno degli Alleati…gli anglo-americani dispensavano speranze e, quello che più contava, scatolame, cioccolata e sigarette», descrive «le grandi città in assedio, i piccolo villaggi violentati… L’olocausto celebrava i suoi fasti sulla disfatta della ragione» e le contraddizioni fra «un mondo arcaico, fermo nelle voragini di un passato rimasto ingessato…e un mondo nuovo…».
Comunque, il tempo passa, Concetta realizza il suo sogno e Mafalda sposa il suo amore, entrambe affrontano tante difficoltà e superano ostacoli che sembravano insormontabili.
E invecchiano: «Concetta… cavalcando, fino a poco tempo fa, i suoi novant’anni sull’onda di una lucidità appena appannata», mentre Mafalda «guarda la luna dal cuscino che la inchioda, ma non sa cosa sia, così come non sa più niente del suo volto che guarda dallo specchio e a cui tende la mano e sorride perché ciò che esso le rimanda, non è niente, o è l’altro da sé che vuole afferrare».
Lo strazio della figlia-narratrice si placa infine nel ricordo e nel dare continuità e senso alla vita di oggi.
Luciana Grillo – [email protected]
(Precedenti recensioni)