Catturato Mladic, il «Generale Morte» della guerra di Bosnia

Sarajevo, Srebrenica, Mostar, Vukovar, Visegrad, Brutanac, Gorazde, Zepa, Foca, Zvornik e Omarska... vogliono Giustizia

Secondo informazioni giunte dalla Serbia, stamane è stato arrestato Ratko Mladic. Si nascondeva sotto il falso nome di Milorad Komadic, in un villaggio nelle vicinanze della città di Zrenjanin, nel nord della Serbia.

Naturalmente nessuno è colpevole finché non viene emessa una sentenza passata in giudicato (in questo caso dal Tribunale Internazionale de L'Aja), ma in questo Paese esprimere un'opinione non è un reato.
Quindi affermiamo che secondo la nostra opinione è stato finalmente catturato uno degli uomini più spregevoli dei nostri tempi: l'ex-generale serbo-bosniaco Ratko Mladic.

Accusato di crimini di guerra, di crimini contro l'umanità e, peggio del peggio, è accusato di essere il principale esecutore del «genocidio etnico contro le popolazioni musulmane di Bosnia», termine giuridico coniato per esprimere la sistematica eliminazione di una etnia fin dentro il grembo delle donne.

Le sue gesta saranno configurate dall'accusa come distruzioni e incendi, vigliacche aggressioni di inermi, inutili violenze, sadiche torture, stupri e assassini di decine di migliaia di civili durante la guerra che ha riempito la Bosnia di fosse comuni tra il 1992 e il 1995.

Sarajevo, Srebrenica, Mostar, Vukovar, Visegrad, Brutanac, Gorazde, Zepa, Foca, campi di concentramento di Zvornik, di Omarska. Nomi di città dove, secondo l'assunto che verrà pronunciato dall'accusa, lui c'era di persona o comunque c'è stato come capo e comandante delle brutalità più vergognose, ingiustificabili, incomprensibili, tali da farci provare vergogna di appartenere allo stesso suo genere umano. Lui, che umano non lo è mai stato.

Nato in Erzegovina nel '43, tragicamente orfano per colpa di Ustascia, Ratko Mladic è cresciuto tra le fila dell'esercito federale di Belgrado prima di essere nominato a capo delle forze armate dell'esercito dei serbi-bosniaci dissidenti dall'ex presidente bosniaco Radovan Karadzic.

E' stato rinnegato dalla figlia, morta suicida, difeso e osannato da buona parte delle popolazioni che ancora oggi (anche in queste ore) lo ricordano come eroico condottiero.

Secondo la nostra modesta ma ferma opinione, Mladic ha tatticamente truffato le forze di pace dell'ONU e della NATO, varando un sistema di guerra non tradizionale, che non fu mai guerra tra nemici e che non fu neanche guerriglia, ma una guerra a tutto campo ispirata alla eliminazione della gente allo scopo di togliersela di torno per sempre, allo scopo di conquistare il potere assoluto, di entrare in possesso delle proprietà private e di accaparrarsi le proprietà comuni, che nella ex Jugoslavia del disfacimento post-Tito erano tante.

Una guerra condotta su tutti i fronti, a macchia di leopardo, con aggressioni scatenate a sorpresa sia nei tempi (subito dopo aver firmato una tregua), che nelle modalità (usando droga, saccheggi, violenze, eliminazioni e strag)i, come strumento quotidiano di incentivazione e di provocazione.

Dall'autunno del 1995 arriviamo al maggio 2011: sono passati 189 mesi dal giorno della formalizzazione dell'accusa da parte del Tribunale Internazionale de L'Aja. Perché?

Il Generale Morte (o meglio il Boia di Srebrenica), per via delle sua appartenenza a organismi militari ha sempre goduto di forte considerazione all'interno dell'Apparato.
Prima considerato uomo di Milosevic, presidente a Belgrado, poi protetto dai complici della sua rete militare e para-militare, sempre temuto o osannato dalla popolazione.
Infine personaggio scomodo per il nuovo governo di Belgrado, ma anche per parte di certi governi occidentali scesi evidentemente a compromessi imbarazzanti: USA, Francia, Olanda… chissà quanti.

Sono prevedibili dei disordini, perché un terzo della popolazione serba e i cittadini serbo-bosniaci di Bosnia non sono del tutto coscienti delle sue malefatte.
E sono da prevedersi tempi lunghi per la giustizia.

Prima di tradurlo a L'Aja, prima di entrare nelle fasi calde del processo, a cui ha oggettivamente diritto (diritto che lui non ha mai riconosciuto a nessuno), prima di approdare a una sentenza passerà chissà quanto.
La tecnica di difesa è già stata collaudata da Milosevic, dal 2004 al 2006, quando morì comodamente in cella prima della sentenza.

Oggi, la stessa cella è usata da Radovan Karadzik, coimputato per l'identica dozzina di crimini di cui lui è stato ideatore e Mladic ne è stato esecutore, un processo avviato nel 2008 e ancora in corso per l'estenuante ricorso al richiamo di testi, di documenti, per continue richieste di copie e traduzioni di milioni di documenti, per eccezioni su cavilli procedurali, per cambi di avvocati e di giudici convocati da paesi lontani e spesso all'oscuro dei fatti, per la presentazione di eccezioni a leggi non universalmente riconosciute.

Ce n'è da fare per la giustizia. C'è molto a cui potrà appellarsi l'imputato. E chissà quali sorprese potranno arrivare, perché, al di là della buona volontà dell'attuale governo di Belgrado e del personale coraggio dell'attuale Presidente serbo Boris Tadic, Mladic chiamerà in causa governi e politici, minaccerà rivelazioni scomode e in particolare le clausole segrete della resa a suo tempo stipulata con l'ex-ambasciatore Richard Holbroocke, morto di recente, allora negoziatore per conto del governo USA di Clinton. E chissà chi altro e cos'altro, se si chiederà da dove provenivano armi, droga, soldi e altro.

Il processo di europeizzazione dei Balcani da tutti voluto non avrà più questo ostacolo.
La normalizzazione di uno stato, la Serbia, se ne avvantaggerà, difendendosi meglio dai trafficanti e politicanti che prediligono l'instabilità (ricordiamoci di Marassi che nell'ottobre scorso aveva violentato la nostra partita di calcio delle nazionali).
Si agevolerà il ritorno in pieno contesto democratico dei Balcani in Europa e verrà forse ripreso il naturale corso della storia che è andato avanti a singhiozzo nel secolo scorso.

C'è da augurarsi che da tanto male, oggi possa venire anche del bene per i Balcani e per l'Europa.
C'è da augurarsi che venga del bene anche alla Giustizia, che non siano dimenticate le molte vittime ancora in aria, donne e bambini, vedove, orfani, parenti, martoriati e oltraggiati allora, dimenticati oggi per le solite ragioni della realpolitik.

Tutto questo, lo ricordiamo, è un'opinione.
Ora attendiamo i fatti.

G.G.