Storie di donne, letteratura di genere/ 111 – Di Luciana Grillo
Paola Favero, «Diamir. La montagna delle fate» – Non un romanzo, né un saggio, né un libro fotografico, ma la storia di un’esperienza intima attorno al Nanga Parbat
Titolo: Diamir. La montagna delle fate
Autrice: Favero Paola
Disegni: Luisa Rota Sperti
Editore: DBS, 2016
Pagine: 192, rilegato
Prezzo di copertina: € 23
Non un romanzo, né un saggio, e nemmeno un libro fotografico, ma la storia di un’esperienza intima che ha portato l’autrice a fare trekking attorno al Nanga Parbat – detto Diamir dalle popolazioni locali – e nel contempo, a conoscere, oltre i panorami, le albe, le case, la gente che in quei luoghi ogni giorno mangia dorme beve danza.
Dunque, racconto, emozioni, incontri e non solo, anche splendide e sognanti illustrazioni di Luisa Rota Sperti.
Fin dalle prime pagine, incontriamo colori e suoni, dal camion «invadente e vanitoso» alla «preghiera del muezzin, l’urlo del venditore, le grida del bambino… il canto incredibilmente roco ed acuto del giovane pakistano».
Alla viaggiatrice/autrice questi luoghi sembrano attraversati, ma non cambiati, dal tempo che passa, come il velo che copre il capo di una ragazza che «ci saluta dal terrazzo di legno, curiosa di tutto quello che non può sapere…».
Fotografie e disegni ci accompagnano, ci suggestionano, dove finisce una inizia l’altro: così vediamo i volti dei fratelli Messner che nel 1970 toccarono la cresta finale; ma il destino fu avverso a Gunther, travolto da una valanga.
La Favero ci conduce abilmente passando dalle storie degli alpinisti alla presentazione dell’ambiente, alla visione di fiori «fragili, effimeri, inconsistenti, eppure forti, consapevoli della loro bellezza, e noncuranti della precarietà della loro vita», abilmente fotografati insieme alle montagne «che diventano labirinto».
A mio avviso le foto più belle sono quelle dei bambini dai grandi occhi, qualche volta ridenti, altre volte pensosi.
Hanno abiti dai colori forti e il capo coperto, così come i vecchi dai volti rugosi segnati dal tempo e dal freddo.
Ma come non citare i cieli, le vette, gli alberi, le nuvole?
Il libro si chiude con preziose interviste, delle quali, in una rubrica «di genere» sono da ricordare quella a Nives Meroi, prima donna italiana che ha scalato 12 ottomila, e quella a Silke Unterkircher che, dopo la morte del marito Karl sul Nanga Parbat, ha deciso di collaborare alla costruzione di una scuola in quella che è diventata «la montagna del destino».
E concludo con le parole di Paola Favero: Grazie infine a quelle montagne, e a quegli occhi.
Luciana Grillo
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