Le patologie urologiche/ Prima parte – Di Nadia Clementi
Ne parliamo con lo specialista, dott. Marco Tiberi, stimato professionista e autore di numerose pubblicazioni in ambito Urologico, Andrologico e Uro-Ginecologico
Questo servizio è decisamente importante, quanto lungo e dettagliato. Il dott. Tiberi non ha voluto lasciare nulla senza spiegazioni. Sappiamo quanto l’argomento interessi i nostri lettori, per cui lo abbiamo lasciato per intero. Ma per renderlo leggibile e di facile consultazione, abbiamo deciso da una parte di dividerlo in due puntate e dall’altra di raggruppare in appositi riquadri i dettagli. In questo modo, chi vorrà scendere nei dettagli potrà farlo cercando l’argomento che più l’interessa, mentre chi vuole passare all’argomento successivo può farlo saltando la scheda nel riquadro. |
In questa intervista al dott. Marco Tiberi, medico urologo, parliamo della diagnosi della prevenzione e della cura delle patologie dell’apparato genito-urinario maschile e femminile.
Le principali malattie in campo urologico riguardano i reni, la vescica, l'uretra.
Nell'uomo, particolare rilevanza assumono le patologie prostatiche, le disfunzioni sessuali e la fertilità.
Nella donna motivo di interesse per l'elevata frequenza sono l'incontinenza urinaria ed il prolasso degli organi pelvici.
Gli esami delle urine sono alla base della valutazione urologica, mentre la diagnostica ecografica è la tecnica più comunemente impiegata essendo in grado di rilevare precocemente processi neoplastici a carico di reni, vescica, prostata e testicoli, e di evidenziare la presenza di alterazioni morfologiche dell'apparato urinario (malformazioni, diverticoli, volume prostatico, ecc.) o una calcolosi urinaria.
Le ultime statistiche rilevano che l'80% degli italiani con più di 60 anni soffre di una patologia urologica.
Non è solo il tumore della prostata, la neoplasia maschile più diffusa che registra un boom di incidenza del 53% negli ultimi dieci anni, ma anche l’incontinenza urinaria, la neoplasia del rene, la disfunzione erettile e la sterilità maschile.
Patologie che colpiscono sempre di più anche i giovani, il tumore del testicolo registra un aumento del 45% negli ultimi 30 anni tra i ragazzi in età compresa tra i 16 e i 24 anni.
Secondo gli esperti le cause dell’aumento di queste patologie sono dovute anche al forte inquinamento elettromagnetico e atmosferico, alla sedentarietà e le cattive abitudini alimentari e sessuali.
Per questo motivo, il dott. Marco Tiberi consiglia di sottoporsi periodicamente ad una visita urologica: la prevenzione e la diagnosi precoce sono da sempre la miglior cura.
Chi è il dott. Marco Tiberi Nato a Rimini il 23-07-1948 • Laureato in Medicina e Chirurgia c/o Università degli Studi di Roma il 13-07-1973 con voti 110/110 e lode • Specializzato in Urologia c/o Università degli Studi di Milano il 17-07-1977 con voti 70/70 • Già assistente c/o Divisione di Chirurgia d’Urgenza Ospedale S. Chiara di Trento • Già assistente c/o Divisione di Urologia Ospedale S. Chiara di Trento • Attualmente responsabile del servizio di Urologia, Andrologia e Uro-Ginecologia dell ‘Ospedale S. Camillo di Trento e della Clinica Solatrix di Rovereto • Docente per i corsi aggiornamento ECM c/o Ospedale S. Camillo di Trento • Membro SIU (Società Italiana Urologia) • Membro EAU (Associazione Europea Urologia) • Membro SIA (Società Italiana Andrologia) • Membro SIDR (Società Italiana della Riproduzione) • Membro AIUG (Associazione Italiana Uroginecologia) • E’ autore di numerose pubblicazioni in ambito Urologico, Andrologico ed Uro-Ginecologico |
Dott. Tiberi, quand’è che ci si rivolge allo specialista urologo?
«L’urologo è un medico specialista che si occupa della prevenzione, della diagnosi e della cura delle malattie dell’apparato urinario e dell’apparato genitale maschile.
«L’urologia è una branca specialistica medica e chirurgica, che si occupa delle patologie a carico dell’apparato uro-genitale, di cui fanno parte numerosi organi, come i reni, gli ureteri, la vescica, la prostata e gli organi genitali maschili esterni.
«In linea di massima alcune patologie sono comuni sia all’andrologo che all’urologo (varicocele, fimosi, infiammazioni delle ghiandole genitali), mentre altre patologie sono a se stanti (patologie prostatiche, renali e vescicali). Molti urologi si occupano anche di andrologia e molti andrologi sono specialisti in urologia, ma le due figure sono comunque distinte.»
Quali sono i sintomi per i quali è bene rivolgersi ad un urologo?
«I sintomi principali in seguito ai quali è consigliabile rivolgersi ad un urologo sono bruciori, dolori o difficoltà di minzione, presenza di sangue nelle urine, perdite involontarie di urina, dolori o alterazioni ad organi del tratto urinario o genitale maschile, problemi nell’ambito sessuale.
«In realtà per rivolgersi ad un urologo non bisognerebbe aspettare sintomi particolari, ma dovrebbero essere eseguiti una serie di controlli periodici, differenti a seconda dell’età del paziente.
«Sono diverse le indagini diagnostiche di cui l’urologo può far uso.»
Cos’è l’esame del PSA?
«Il PSA è un enzima che viene prodotto dalla prostata. La sua funzione fisiologica è quella di mantenere fluido il seme dopo l'eiaculazione, permettendo agli spermatozoi di muoversi più facilmente attraverso la cervice uterina.
«Nel siero il PSA è presente in piccole quantità e aumenta solo in casi patologici, come nel caso di una prostata ingrossata (ipertrofia prostatica benigna), di una infiammazione (prostatite) o nel caso di un tumore prostatico.»
Quali sono le infezioni del tratto urinario più comuni?
«Le infezioni del tratto urinario più comuni, specialmente nel sesso femminile, sono le cistiti (infezioni della vescica).»
La cistite è molto diffusa, quali le cause e quali le cure?
«Le cause della cistite sono attribuibili a penetrazione di batteri di provenienza spesso intestinale nelle basse vie urinarie; colpisce in prevalenza il sesso femminile specialmente nell’infanzia, all’inizio dell’attività sessuale, in gravidanza e nella post-menopausa.
«Tra le cause ridotte difese locali (carenza di ormoni, incontinenza, anomalie anatomo-funzionali), scarsa igiene, scarsa idratazione, rapporti sessuali, stipsi o comunque disfunzioni intestinali.»
Cosa sono le uretriti?
«Le uretriti sono infiammazioni dell’uretra (canale che convoglia l’urina dalla vescica all’esterno) delle quali sono solitamente responsabili microrganismi a localizzazione intracellulare (che si trovano quindi nelle pareti dell’uretra e non nell’urina) (Chlamydia, Ureaplasma, Micoplasmi) e non rilevabili con la normale urinocoltura ma solo con appositi prelievi tramite tamponi.»
E le uropatie ostruttive?
«L’uropatia ostruttiva è una condizione in cui il flusso di urina è bloccato, causando il suo ritorno indietro e la lesione ad uno o entrambi i reni.
«L’uropatia ostruttiva si verifica quando l’urina non può passare attraverso un uretere (un tubo che trasporta l’urina dai reni alla vescica), così ritorna al rene e lo fa dilatare (idronefrosi).
«L’uropatia ostruttiva è raggruppata a seconda che colpisca uno o entrambi i reni e se si verifica improvvisamente o è a lungo termine. È così divisa:
• Uropatia ostruttiva cronica unilaterale, a lungo termine che interessa un solo rene;
• Uropatia ostruttiva cronica bilaterale, a lungo termine che colpisce entrambi i reni;
• Uropatia ostruttiva acuta unilaterale, improvvisa che colpisce un rene;
• Uropatia ostruttiva acuta bilaterale, improvvisa che colpisce entrambi i reni.
Queste le cause comuni dell’uropatia ostruttiva • Calcoli delle vie urinarie (calcolosi ureterale o della vescica); • Tumori del tratto urinario; • Fibrosi retroperitoneale (sclerosi o ‘indurimento’ del tessuto connettivo attraverso il quale decorrono gli ureteri); • Iperplasia prostatica benigna (ingrossamento della prostata); • Tumori di organi vicini; • Cancro del colon; • Cancro della cervice; • Cancro uterino; • Qualsiasi tipo di cancro che si diffonde; • Idronefrosi idiopatica in gravidanza. «I sintomi associati all’uropatia ostruttiva variano a seconda che l’ostruzione sia acuta o cronica, se è unilaterale o bilaterale, se è completa o parziale, e dalla causa. «I sintomi più comuni sono: • Dolore al fianco bilaterale o unilaterale; • Infezioni del tratto urinario; • Febbre; • Difficoltà o dolore durante la minzione; • Nausea o vomito; • Insufficienza renale; • Aumento di peso o gonfiore (edema); • Diminuzione della produzione di urina; • Sangue nelle urine. «La diagnosi di uropatia ostruttiva è fatta con studi di imaging. «I comuni esami radiografici comprendono: • Ecografia addominale; • TAC addominale; • Cisto-uretrografia minzionale (visualizzazione della vescica con un mezzo di contrasto); • Scintigrafia renale (esame che si effettua, come per altri organi, previa iniezione di una sostanza radioattiva). |
Il sanguinamento nelle urine è un evidente campanello d’allarme, ma per quali patologie?
«Il sanguinamento nelle urine, o ematuria, è la presenza di sangue nelle urine. Si parla di macroematuria se il quantitativo di sangue eliminato è tale da modificare il colore delle urine, che assumono un aspetto francamente rosso o marrone, a lavatura di carne, color coca-cola o color tè carico a seconda della quantità di sangue presente.
«Invece se il quantitativo di sangue eliminato è modesto e non modifica il colore delle urine si parla di microematuria. Quest'ultima si diagnostica solo con un esame delle urine, effettuabile con le strisce reattive o con l'esame microscopico del sedimento urinario dopo centrifugazione.
«Il sanguinamento può avvenire in qualsiasi parte dell'apparato urinario, le cause di ematuria saranno pertanto molteplici e le manifestazioni possono essere diverse a seconda che si tratti di:
• sanguinamento renale
• sanguinamento pelvico/ureterale
• sanguinamento vescicale
• sanguinamento prostatico
• sanguinamento uretrale
Sanguinamento renale I globuli rossi possono provenire dai glomeruli renali. In questo caso essi subiscono delle modificazioni durante il passaggio nei tubuli renali e all'esame microscopico del sedimento urinario essi risulteranno essere globuli rossi mal conservati. In tal caso si parla di ematuria glomerulare ed essa è di norma conseguenza di un danno glomerulare o di una glomerulonefrite. I globuli rossi provenienti dal rene possono aggregarsi e formare dei cilindri ematici patognomonici (cioè caratteristici) di ematuria glomerulare e quindi di glomerulonefrite. La diagnosi si pone in base all'anamnesi che rileva le caratteristiche del sanguinamento, alla ecografia renale, che esclude altre cause, alle caratteristiche dei globuli rossi all'esame microscopico del sedimento urinario. Una diagnosi più approfondita richiede la biopsia renale. Più raramente il sanguinamento renale è causato dalla rottura di una cisti. Ciò accade specie nei soggetti affetti da rene policistico e, seppur raramente, il sanguinamento in tal casi può essere molto abbondante. Il sanguinamento renale può anche essere dovuto a un tumore renale. In questo caso l'ematuria è spesso microscopica. Una rara causa di sanguinamento renale è la necrosi papillare, cioè la necrosi di una delle papille renali. Le cause più frequenti di necrosi papillare sono l'abuso di farmaci analgesici e l'anemia drepanocitica, detta anche drepanocitosi o anemia a cellule falciformi. Nei casi di rottura di cisti, tumore renale e necrosi papillare, i globuli rossi non subiscono modificazioni durante il passaggio attraverso i tubuli renali e pertanto saranno di norma visibili al microscopio come globuli rossi ben conservati. Esistono altre cause rare di ematuria di provenienza renale. Fra questa la sindrome dello schiaccianoci (nutcracker syndrome). In questa condizione, malformativa e frequentemente benigna, la vena renale sinistra viene schiacciata fra l'aorta addominale e la arteria mesenterica superiore. L'aspetto dei vasi alla arteriografia, con un po' di fantasia, può ricordare uno schiaccianoci. La diagnosi si sospetta con l'ecografia renale e si conferma con la venografia o con la Angio-Risonanza Magnetica Nucleare (angio RMN) addominale. Solo in rari casi questa sindrome si associa ad ematurie frequenti, dolori lombari e, a volte, proteinuria: in tali casi la terapia è chirurgica La Loin pain-hematuria syndrome è una sindrome caratterizzata da microematuria o a volte macroematuria con globuli rossi mal conservati e dolori al fianco (di norma all'angolo costo-vertebrale). Essa è tipica delle donne giovani e le cause sono ignote. La diagnosi è per lo più per esclusione di altre patologie. L'ipercalciuria (cioè l'eccessiva eliminazione di calcio con le urine) e l'iperuricosuria (cioè l'eccessiva eliminazione di acido urico con le urine) possono causare una microematuria di provenienza renale, ma con globuli rossi ben conservati. La diagnosi si pone con il dosaggio del calcio o dell'acido urico nelle urine emesse nelle 24 ore, dopo aver escluso altre patologie con appropriate indagini. Sanguinamento pelvico e ureterale Il più delle volte esso è dovuto a un calcolo. Se il calcolo è nella pelvi renale può non dare alcun sintomo, anche se di grandi dimensioni, ma il suo attrito con la parete pelvica spesso determina piccole perdite di sangue evidenziabili come microematuria, o più raramente, con episodi di macroematuria senza dolori colici. Se invece il calcolo si impegna nell'uretere di norma compare il dolore tipico della colica renale e questo può associarsi a micro o macroematuria dovuta alla lesione della parete ureterale da parte del calcolo. Se il calcolo ostruisce l'uretere in maniera completa il dolore e l'ematuria possono cessare in quanto l'urina non defluisce dal rene ostruito dal calcolo. Questa condizione, a volte insidiosa, può essere evidenziata con una ecografia renale, di norma è necessario completare le indagini con una urografia o una uroTAC. Ematuria pelvica od ureterale può essere dovuta a tumori della pelvi o dell'uretere, che tuttavia sono relativamente rari. Sanguinamento vescicale La maggior parte delle ematurie originano dalla vescica, specie nelle donne e nelle persone anziane. Poiché le ematurie vescicali possono comportare la formazione di coaguli eliminati durante la minzione, una ematuria con coaguli orienta la diagnosi verso un sanguinamento vescicale. Fra le cause di sanguinamento vescicale la più frequente è la cistite, di solito dovuta a infezione batterica (soprattutto nel sesso femminile e nelle donne giovani). Esistono tuttavia altre cause di cistite e fra tutte la più importante è la sindrome della cistite interstiziale (malattia rara e non batterica). Seguono le cistiti da farmaci e da radiazioni. Nella cistite all'ematuria possono associarsi stranguria (minzione dolorosa), disuria (minzione lenta e difficile), pollachiuria (necessità di urinare frequentemente anche piccoli volumi di urina) e a volte minzione imperiosa e incontinenza vescicale. La diagnosi si pone con l’esame delle urine e l'urinocoltura che consente una terapia antibiotica mirata. Segue come frequenza la presenza di neoformazioni vescicali, benigne polipo o papilloma o maligne. La loro frequenza aumenta con l'età ed è maggiore nel sesso maschile. La diagnosi si pone con l'ecografia vescicale cui segue di norma la cistoscopia finalizzata anche al prelievo bioptico che consente una più definita diagnosi del tipo di lesione. L'esame citologico delle urine può orientare la diagnosi. Più rara la calcolosi vescicale, più frequente nei pazienti che non svuotano correttamente la vescica per ipertrofia prostatica o per danni neurologici. Il calcolo presente in vescica può accrescersi notevolmente e determinare sanguinamento per lesioni alle pareti. Anche in questo caso la diagnosi si effettua con l’ecografia vescicale. Successivamente una cistoscopia consente la rimozione del calcolo. Sanguinamento prostatico Il sanguinamento prostatico può essere dovuto a prostatiti, ipertrofia prostatica benigna e neoplasie della prostata. Nel primo caso si associa a dolore o senso di peso pelvico. La diagnosi si pone con l'esplorazione rettale e l'ecografia, che oltre che con la tradizionale tecnica transaddominale, per un maggiore approfondimento diagnostico può essere eseguita con particolari sonde rettali. Sanguinamento uretrale È dovuto ad uretriti o a stenosi dell'uretra ed è pressoché esclusivo del sesso maschile. Molto rari i tumori dell'uretra. La diagnosi si pone con una uretrografia (radiografia dell'uretra con mezzo di contrasto preventivamente iniettato in vescica). Ematuria da sforzo |
L’incontinenza urinaria è sia femminile che maschile. La terapia consigliata?
«Si definisce incontinenza urinaria la perdita involontaria di urina al di fuori dell’atto della minzione.»
Nel riquadro che segue riportiamo alcuni tipi di incontinenza e le relative terapie.
Anche in questo caso, chi volesse approfondire li può leggere, altrimenti può passare alla domanda successiva, subito dopo il riquadro.
Incontinenza da sforzo È una perdita involontaria di piccole quantità di urina che si verifica quando viene esercitata pressione sulla vescica ad esempio in seguito a colpi di tosse, starnuti, salti, riso, sollevamento pesi o una corsa. Nell’uomo l’incontinenza da sforzo è principalmente causata da chirurgia sulla prostata, in caso di lesione dei nervi o dei meccanismi sfinteriali uretrali. Nella donna i fattori che possono favorire l’insorgere dell’incontinenza da sforzo sono le gravidanze con parto laborioso, l’obesità, effetti collaterali di alcuni farmaci che determinano atrofia delle strutture tissutali di supporto. Vescica iperattiva La vescica iperattiva o OAB (OverActive Bladder) è causata da contrazioni involontarie del muscolo detrusore sia spontanee che provocate durante il riempimento della vescica. Tali contrazioni generano nell’individuo una sensazione di urgenza alla minzione. Se la sensazione di urgenza è associata ad effettiva incontinenza (perdita involontaria di urina), la diagnosi è quella di incontinenza da urgenza o di vescica iperattiva bagnata, altrimenti si parlerà di vescica iperattiva asciutta. Se il sintomo dell’urgenza è correlato a pollachiuria (più di 7 minzioni durante il giorno) e a nicturia (più di 1 minzione durante la notte), si parla di sindrome da urgenza-frequenza. La vescica iperattiva può avere origini idiopatiche (non se ne conoscono le cause) oppure può essere di tipo neurogeno (vescica neurogena) quando l’origine della patologia è conseguente a disfunzioni del sistema nervoso provocate da traumi o malattie quali sclerosi multipla, Parkinson, mielopatie, spina bifida, ed altre ancora. Incontinenza mista L’incontinenza mista è caratterizzata dall’associazione dei sintomi tipici dell’incontinenza da stress e dell’incontinenza da urgenza. Incontinenza da rigurgito L’incontinenza da rigurgito (overflow incontinence o iscuria paradossa) si verifica quando la vescica si riempie oltre la sua capacità e non riesce mai a svuotarsi completamente. Le cause di tale patologia si possono ritrovare nell’assenza della sensazione di riempimento, oppure nella presenza di un ostacolo a livello dell’uretra (tumore o adenoma della prostata, stenosi uretrale, sclerosi a placche, diabete, costipazione, ecc). In particolare, in questo secondo caso, l'ostacolo impedisce lo svuotamento completo della vescica, provocando il riempimento della vescica oltre i limiti fisiologici e l’aumento della pressione nella vescica fino al superamento della resistenza dello sfintere. In seguito a questo aumento pressorio, lo sfintere non riesce più a contenere l'urina, che fuoriesce in maniera frequente e poco abbondante. Trascurare i sintomi può evolvere anche in danni renali. Terapie Stile di vita ed esercizio fisico Cambiamenti della dieta, un’attività fisica adeguata e la modifica di abitudini e comportamenti possono determinare un miglioramento dei sintomi. Alcuni liquidi contenenti caffeina (come l’alcool, il caffè, il the, le bibite gassate) e alcuni tipi di succhi di frutta possono esercitare un’azione diuretica. I dolcificanti artificiali possono potenzialmente influire sulla vescica e sul controllo intestinale (possono irritare la vescica e rendere molli le feci). Il fumo può peggiorare l'incontinenza da sforzo causando tosse che fa aumentare la pressione addominale. I soggetti in sovrappeso possono avere dei problemi poiché il peso in eccesso mette pressione sui muscoli e sulla vescica. Mantenersi in forma e fare regolarmente esercizio fisico può aiutare a migliorare lo stato di benessere in generale e la funzione vescicale. Spesso la malattia diabetica è causa di alterazioni della funzionalità dell'apparato uro-genitale femminile e non solo; questo fa sì che è necessario osservare queste problematiche con le opportune tecniche riabilitative quali: gli esercizi di Kegel, le tecniche di biofeedback e la stimolazione elettrica. Rieducazione pelvica La terapia riabilitativa prevede esercizi specifici associati ad elettrostimolazione con lo scopo di rinforzare la muscolatura del pavimento pelvico e lo sfintere urinario. Risulta utile nelle forme di incontinenza da stress da deficit sfinterico intrinseco o nelle forme di prolasso lieve. Terapia farmacologica I farmaci contro l’incontinenza da sforzo: gli agonisti α/β-adrenergici o la duloxetina, servono ad aumentare il tono e la forza muscolare ma per i loro effetti collaterali non costituiscono la prima opzione di trattamento. La terapia ormonale ed estrogenica sostitutiva può essere suggerita alle donne che hanno raggiunto la menopausa per aumentare il tono muscolare. I farmaci utilizzati per trattare le contrazioni indesiderate della vescica nella sindrome da vescica iperattiva (OAB) hanno lo scopo di far cessare tali contrazioni. Si chiamano antimuscarinici ed appartengono alla classe degli anticolinergici (es. ossibutinina). Recentemente anche un farmaco non anticolinergico, bensì un agonista dei recettori adrenergici beta-3, il mirabegron, è stato approvato negli USA e nell'Unione Europea per il trattamento della vescica iperattiva e dell'incontinenza urinaria da urgenza. Gli antidepressivi triciclici vengono talvolta prescritti anche ai soggetti affetti da OAB per ridurre la contrattilità vescicale. Da ricerche effettuate sulla popolazione di pazienti trattati farmacologicamente è emerso che l’85% interrompe l’assunzione di farmaci durante il primo anno di trattamento per l’elevata incidenza di effetti indesiderati (19%) e per mancanza di efficacia (62%). La menopausa può causare un indebolimento di tessuti e strutture nell'area pelvica e quindi anche in questo caso la terapia ormonale può alleviare il problema. Queste tecniche e terapie sono usate in varie combinazioni tra loro, ma i dati disponibili in letteratura sono poco conclusivi per una serie di motivi: durata non omogenea degli studi, metodi di diagnosi e di inclusione negli studi non omogenei, ecc. Pertanto è opportuna una certa prudenza nell'affermare la superiorità di una metodica o combinazione su un'altra. Terapie per l'incontinenza da sforzo Il trattamento chirurgico dell'incontinenza urinaria da sforzo si avvale numerose soluzioni terapeutiche. La colposospensione retropubica è una delle tecniche che ha riscosso maggiore successo. Ne esistono diverse varianti: la Marshall-Marchetti-Krantz messa a punto nel 1949 che prevede la sospensione tramite suture dei tessuti connettivali periuretrali al periostio della parete posteriore della sinfisi pubica. Un'altra tecnica, che è stata considerata a lungo il gold standard nel trattamento dell'incontinenza urinaria da sforzo, è la colposospensione retropubica secondo Burch. Partendo dal presupposto che l’incontinenza sia legata ad una perdita del supporto dell’uretra e ad una sua dislocazione verso il basso, il fine dell’operazione è quello di stabilizzare l’uretra e innalzarla, cosicché ristabilisca i suoi normali rapporti anatomici con il collo vescicale e risenta delle stesse pressioni intraddominali cui è sottoposta la vescica. Nell'ultimo decennio si sono andate sempre di più affermando delle tecniche basate sul posizionamento di sling, ossia benderelle di tessuto sintetico (ad esempio polipropilene) al di sotto dell'uretra, sostenendola più nella sua porzione media che in prossimità della vescica. Si distinguono due approcci differenti: la Trans Vaginal Tape (TVT), che prevede il posizionamento dei due estremi della banderella a livello dei tessuti connettivali retropubici e la Trans Obturator Tape (TOT) o la Trans Vaginal Tape Obturator (TVT-O), due tecniche molto simili che prediligono invece il passaggio delle benderelle attraverso il forame otturatorio. Entrambe si sono dimostrate molto efficaci a breve termine ma mancano ancora dei dati che confermino, soprattutto per la TOT, questi risultati a lungo termine. Lo sfintere artificiale funziona fornendo una pressione esterna attraverso l'impianto di un anello, riempito di liquido, attorno all'uretra. Riempiendo e svuotando l'anello, si apre e si chiude l'uretra. Per ottenere ciò, viene posizionato sottocute un dispositivo di controllo dell'anello. Durante la minzione, questo dispositivo viene attivato manualmente in modo da ridurre la pressione attorno all'uretra attraverso lo svuotamento del liquido e quindi l'uretra si apre. Terapie per la vescica iperattiva Neuromodulazione sacrale Il trattamento mediante neuromodulazione sacrale consiste nell’impianto - in due fasi - di un elettrocatetere collegato ad un generatore di impulsi che trasmette una leggera stimolazione ai nervi sacrali posti immediatamente sopra l’osso sacro. Tali impulsi producono una parestesia che dà sollievo e beneficio ai pazienti affetti da disordini cronici funzionali del basso tratto urinario o intestinale, tra cui l’incontinenza da urgenza. Iniezioni parauretrali con Bulking Agent Utilizzando agenti volumizzanti uretrali, ad esempio di cellule adipose del corpo o di collagene bovino, si effettuano iniezioni per aumentare la massa intorno all'area uretrale. Ciò aiuta il corpo a tenere chiusa l'apertura dell'uretra e della vescica. Iniezioni di tossina botulinica La tossina botulinica viene iniettata nella parete vescicale con lo scopo di bloccare le sostanze chimiche che trasmettono alla vescica l’impulso di contrarsi e quindi di alleviare i sintomi della sindrome da vescica iperattiva. Nel gennaio 2013 la tossina botulinica onabotulinumtoxinA Botox della Allegan è stata approvata da parte dell'FDA Statunitense per il trattamento della vescica iperattiva di adulti che non rispondono ai tradizionali farmaci anticolinergici. |
Cosa sono e come si curano i calcoli urinari?
«I calcoli renali sono tecnicamente delle piccole pietruzze derivanti da depositi di sali minerali, in genere presenti nelle vie urinarie oppure nei reni. La calcolosi renale è favorita nella sua primordiale formazione dall’aumento della concentrazione di tali sali minerali e dalla diminuzione del liquido urinario.
«Nel complesso, la calcolosi renale può avere origine calcica, mista, urica, infettiva, cistinica. La più comune è assolutamente la formazione calcica dei calcoli renali: essa si basa sull’aggregazione di ossalato di calcio e fosfato di calcio.
«Il più delle volte i calcoli misurano meno di 5 mm di diametro e vengono eliminati spontaneamente con mezzi naturali. A volte, un calcolo più grosso può ostruire un uretere e provocare un dolore intenso nella regione lombare: la cosiddetta colica renale.
«In alcuni soggetti è stato sperimentato che vi sono formati calcoli delle dimensioni pari a quelle di una pallina da golf.
«Il calcolo perciò, deve essere immediatamente rimosso per alleviare il dolore ed evitare complicazioni. La presenza di questi calcoli nell’uretere o nei reni può favorire lo sviluppo di una pielonefrite (infezione del rene).»
Calcoli I calcoli possono insorgere a qualsiasi livello del tratto urinario, ma la maggior parte si forma nel rene. L’urolitiasi è un problema clinico frequente con una incidenza dal 0,1 al 6% nella popolazione generale. Il sesso maschile viene colpito un po’ più frequentemente di quello femminile e la maggioranza dei pazienti è sopra ai 30 anni. È nota da lungo tempo una predisposizione familiare ed ereditaria alla formazione di calcoli. Molti degli errori congeniti del metabolismo come la gotta, la cistinuria e l’iperossaluria primaria rappresentano buoni esempi di malattia ereditaria caratterizzata da eccessiva produzione delle sostanze che formano calcoli. La maggioranza dei calcoli, circa il 65-70%, contiene calcio, essendo composta da ossalato di calcio, o ossalato di calcio misto a fosfato di calcio, e meno comunemente, fosfato di calcio da solo. Un altro 15% è formato dai « calcoli tripli» composti di fosfato di ammonio e di magnesio; il 6% sono calcoli di acido urico e il 3%, di cistina. É presente anche una matrice organica di mucoproteine che rappresenta dall’1 al 5% del peso dei calcoli di fosfato di magnesio e di ammonio. Sebbene esistano molte cause, i calcoli renali si formano in gran parte in seguito ad infezioni di batteri che scindono l’urea (come il Proteus), convertendola in ammoniaca. Le urine alcaline causano la precipitazione di sali di calcio e fosfato di magnesio e di ammonio. I calcoli di acido urico sono comuni nei pazienti senza ipercalcemia nè infezioni urinarie. I calcoli di cistina sono associati a difetti genetici del trasporto renale di certi aminoacidi, come la cistina. I calcoli sono unilaterali nell’5O% circa dei pazienti. Le sedi favorite di formazione sono i calici renali, la pelvi e la vescica. Se si formano nella pelvi renale essi tendono ad essere piccoli, avendo come diametro 2-3 mm in media. Possono avere contorni lisci o apparire come masserelle a superficie irregolare frastagliata. Spesso in un rene si possono trovare calcoli multipli. Occasionalmente, l’accumulo progressivo di sali porta alla formazione di strutture ramificate, che rappresentano uno stampo del sistema calico pielico. Alcune condizioni acquisite possono avere una parte di primaria importanza nella genesi della calcolosi uninaria come malattia d’organismo; e sono specialmente da ricordare quelle che alterando il metabolismo del calcio producono ipercalcemìa e di conseguenza ipercalciuria. I più alti valori ipercalcemici si notano di regola nell’iperparatiroidismo: difatti la litìasi urinania si presenta con relativa frequenza come complicazione (se non addirittura come segno rivelatore) dell’adenoma paratiroideo. Tali calcoli sono costituiti da sali di calcio (fosfati, carbonati e in minore proporzione ossalati); ma una composizione non diversa hanno quelli che talvolta si osservano come postumi di fratture ossee. In questo caso lo stato ipercalcemico è una diretta conseguenza non tanto della frattura quanto della prolungata immobilità che può condurre a gradi estremi di decalcificazione con osteoporosi. Restano da considerare i calcoli secondari, la cui genesi è manifestamente una conseguenza di due condizioni morbose molto spesso associate nelle vie urinarie: il ristagno d’urina e l’infezione. Il processo chimico per cui si formano tali calcoli è legato alla fermentazione ammoniacale, con trasformazione dell’urea in carbonato di ammonio per opera di batteri. In una seconda fase avviene la formazione di fosfato ammonico-magnesiaco e di carbonato di calcio, che sono i costituenti del calcolo. La ragione per cui il precipitato di questi sali concresce in forma di calcoli, talvolta assai grandi, invece di rimanere allo stato di sedimento amorfo, si deve attribuire all’essudato infiammatorio, che agisce come un cemento per la presenza di fibrina. Si possono distinguere calcoli puri, costituiti da un solo cristalloide, e calcoli misti, dove due o più cristalloidi sono presenti. Lo stroma proteico può del tutto mancare nei calcoli primitivi, mentre è un costituente obbligato dei calcoli secondari, in rapporto con i fenomeni essudativi che ne accompagnano la formazione. Quando l’infezione della via urinaria avviene in un tempo successivo alla formazione del calcolo primario, questo può diventare il nucleo di un calcolo secondario. Sintomi I calcoli sono importanti soltanto quando ostruiscono il flusso urinario oppure causano un danno tale da produrre ulcerazioni e sanguinamento. Essi possono anche essere presenti senza produrre alcun sintomo e alcun danno renale significativo. In generale, i calcoli più piccoli sono pericolosi, perché possono passare negli ureteri provocando un attacco doloroso (una delle forme più intense di dolore), noto come colica renale e, allo stesso tempo, ostruzione ureterale. I calcoli più grandi, non possono penetrare negli ureteri ed è più probabile che rimangano silenti nella pelvi renale. Comunemente essi si rendono manifesti per la prima volta con la comparsa di ematuria e colica caratterizzata da dolore che non si limita alla regione lombare ma da questa s’irradia all’epigastrio, all’ombelico, all’inguine, al testicolo omolaterale (o al grande labbro), alla regione sacroiliaca, più raramente alla natica, alla coscia e al tallone lungo il decorso del nervo sciatico. Diagnosi In una parte dei casi i disturbi lamentati dal paziente sono poco chiari, ma in altri i sintomi della litìasi sono già tanto evidenti da permettere una diagnosi immediata. Il quadro clinico non lascia luogo a dubbi quando i disturbi sono direttamente riferibili all’emissione di uno o di più calcoli con l’urina. Può accadere che un paziente affetto da «dolori lombari» non ancora meglio definiti sia colto improvvisamente da una tipica colica dell’uretere e con questa emetta «sabbia renale» o «renella», costituita da minute concrezioni di acido urico o di ossalato o di fosfato calcico. Talvolta il calcolo rimane latente fino al momento in cui un esame radiologico eseguito per altre indicazioni (solitamente per dolori riferiti alla colonna lombare) ne rivela la presenza inattesa. Anche in tali casi la latenza non è di regola assoluta: una nefralgia discreta ed incostante, specialmente se limitata alle ore lavorative, può andare facilmente confusa con la comune spondiloartrosi lombare, ma d’improvviso acquista un diverso significato se l’esame del sedimento urinario dimostra la presenza di microematuria o di micropiuria. Di fatto è molto improbabile che una calcolosi rimanga a lungo ignorata senza complicarsi con la suppurazione, sia pure discreta, del bacinetto o semplicemente del calice in cui il calcolo si annida. Perciò ogni piuria di non chiara origine richiede imperativamente l’accertamento urografico. Quando venga riconosciuta la presenza di uno o di più calcoli renali, specialmente se non hanno ancora dato complicazioni, è difficile prevedere quale sarà in un futuro prossimo o lontano il decorso della malattia. Le dimensioni stesse dei calcoli non costituiscono un criterio sufficiente per formulare una prognosi: difatti vi sono concrezioni cospicue che rimangono a lungo tollerate, mentre altre di minori dimensioni possono costituire una immediata minaccia per il rene qualora siano complicate da pielite settica oppure ostruiscano l’imbocco dell’uretere. Terapia I calcoli renali e ureterali possono essere trattati in alcuni casi con Litotrissia extracorporea ad onde d'urto, tenica con la quale vengono frantumati in elementi più piccoli, escreti attraverso l'urina. Oppure, se sono di notevoli dimensioni, necessitano di terapia chirurgica. Quando siano iniziate le complicazioni settiche, il processo suppurativo, nonostante gli antibiotici ed i chemioterapici, difficilmente può risolversi del tutto qualora il calcolo rimanga in sede: ha così inizio una cronica vicenda di miglioramenti transitori e di aggravamenti, che per gradi conduce alla pionefrosi. Perciò è d’importanza decisiva per la prognosi la tempestività dell’intervento chirurgico inteso a rimuovere il calcolo e a drenare, quando sia necessario, il focolaio d’infezione. La chirurgia della calcolosi renale deve proporsi come prima finalità la conservazione del rene, mediante interventi che permettano di estrarre con minimo danno i calcoli situati nel bacinetto e nei calici. Questo criterio conservativo non si può sempre mettere in pratica e soprattutto diventa inattuabile quando l’operatore si trova in presenza di complicazioni settiche che hanno già determinato gravi ed irreversibili alterazioni del parenchima renale. Ma ciò non toglie validità al principio che la nefrectomia per litìasi si deve soltanto eseguire nei casi di assoluta necessità. |
L’ecografia addominale è sufficiente per fare diagnosi di calcoli urinari?
«Con l’ecografia possiamo analizzare i reni, il primo tratto dell’uretere, la vescica e l’ultimo tratto dell’uretere; non possiamo analizzare l’uretere nella sua interezza; a tale scopo è necessaria o una TAC addominale o in alternativa una rx diretta addome che ci permette di visualizzare la presenza di immagini radio-opache lungo il tratto dell’uretere stesso
Immagino che ci siano dei modi per prevenire le infezioni urinarie. Cosa consiglia?
«Per la prevenzione delle infezioni delle vie urinarie è consigliabile svuotare frequentemente la vescica, un’abbondante assunzione di liquidi (almeno 2 litri/die), acidificare le urine (l’ambiente acido si oppone alla replicazione batterica) ad es. con l’assunzione di vit. C, regolarizzare l’intestino; osservare una scrupolosa igiene (specialmente dopo i rapporti sessuali).
«Utile anche l’impiego di integratori a base di estratto di mirtillo e di mannosio (zucchero vegetale).»
Quanto è determinante l’alimentazione nelle patologie urologiche?
«Per parlare di una corretta e non dannosa dieta da utilizzare nella prevenzione o come appoggio al trattamento di patologie di pertinenza urologica non basterebbe un trattato in quanto si rischierebbe di cadere nella già diffusa banalità in campo nutrizionale.
«Da qui l'idea di un piccolo campionario di spunti di riflessione, da cui ognuno può partire per reimpostare le proprie abitudini alimentari. Una dieta appropriata può avere benefici influssi su numerose patologie di interesse urologico, come la nefrolitiasi e la iperplasia prostatica benigna.
«Classicamente in urologia la dieta è associata alla malattia litiasica urinaria. Il principale obiettivo della dieta nella nefrolitiasi è quella della prevenzione dei calcoli in chi è a rischio per tali recidive litiasiche.
«In particolare è utile agire in 2 direzioni: cambiamenti del regime dietetico e terapia idropinica.»
«Prima di affrontare questo argomento è bene precisare che è necessaria una adesione a questi regole di prevenzione per lunghi periodi per raggiungere l'obiettivo di evitare la formazione di nuovi calcoli. Infatti un'applicazione per brevi periodi di questi provvedimenti non può produrre una correzione dei difetti metabolici o dei squilibri organici di base.
«Il tipo e la rigorosità della terapia dietetica dipendono da un variabilità di fattori, compresa la gravità della malattia litiasica (unica, recidivante o in evoluzione recente), la presenza di manifestazioni extrarenali. I soggetti con un solo episodio litiasico o senza segni di malattia clinicamente attiva possono essere trattati solo conservativamente, con consiglio d abolire gli eccessi dietetici e di elevare l'apporto idrico.
«Trattamenti più aggressivi possono essere indicati in coloro che presentano recidive della malattia o per chi ha avuto un singolo episodio, ma presenta fattori di rischi per la formazione di nuovi calcoli. Elevato apporto idrico. L'elevata introduzione di liquidi è la sola modificazione nutrizionale che è universalmente accettata come utile in tutte le forme di nefrolitiasi: con l'aumentare della produzione di urina la concentrazione urinaria degli ioni che ne fanno parte e la saturazione dei sali che formano i calcoli vengono abbassate.
«L'obiettivo del trattamento è quello di bere una quantità di liquidi sufficiente per raggiungere una produzione di urina sufficiente a produrre almeno 2 litri di acqua al giorno. Durante una anormale attività, all'incirca 3 litri di liquidi devono essere bevuti giornalmente, per raggiungere questo scopo.
«È necessaria una più elevata introduzione di liquidi quando vi sia una eccessiva sudorazione o perdita di fluidi gastrointestinali. L'introduzione di liquidi dovrebbe essere distribuita durante tutto l'arco della giornata per assicurare un produzione di urine significativamente elevata.
Idealmente il soggetto dovrebbe prendere l'abitudine di bere 2 bicchieri di liquido (600 ml) per ogni pasto, un bicchiere tra i pasti e l'ora del riposo e se si alza la notte per urinare uno o due bicchieri di liquido.»
Limitazioni dietetiche per litiasi da ossalati Sebbene queste norme possono essere utili in ogni caso di nefrolitiasi da ossalati, esse sono particolarmente indicate quando è presente un aumentato assorbimento intestinale di ossalati. Per un complesso meccanismo di interazione tra calcio ed ossalati la limitazione dietetica di ossalati dovrebbe essere imposta immediatamente qualora sia stata istituita una dieta a basso contenuto di calcio, soprattutto per chi soffre di ipercalciuria da assorbimento. Approssimativamente il 10% dell'ossalato escreto con le urine proviene dall'alimentazione, mentre la rimanete quota proviene dal metabolismo endogeno. In particolare è utile evitare le verdure scure (da esempio spinaci), rabarbaro, infusi o tè, cioccolato e nocciole. Limitazioni dietetiche per litiasi a componente calcica. Una notevole limitazione (<400 mg pro die) è sconsigliabile persino nei pazienti con ipercalciuria da assorbimento, dove si verifica un elevato assorbimento intestinale di calcio, dal momento che può alterare lo stato nutrizionale generale e causare un bilancio negativo del calcio (rischi di demineralizzazione ossea). «Comunque una limitazione del calcio (400-600 mg pro die) può risultare utile nella ipercalciuria da assorbimento, tenendo presente di limitare anche gli ossalati, come già detto in precedenza. La limitazione dell'apporto calcico non è necessaria né indicata in pazienti con nefrolitiasi e con normale assorbimento intestinale di calcio. Comunque evitando un'eccessiva introduzione di calcio (>1 gr pro die), perché produrrebbe un ipercalciuria di entità sufficiente a favorire la malattia litiasica. Mentre una dieta che contiene 400-600 mg di calcio pro die può essere seguita con relativa facilità, senza indebolire lo stato generale di nutrizione, evitando i derivati del latte e l'eccessiva quantità di verdure di colore scuro. Limitazioni dietetiche per litiasi a componente uratica Un alimentazione particolarmente ricca in proteine animali (carne e pesce), può aumentare l'acido urico urinario. Infatti a causa di una serie di reazioni biochimiche dal metabolismo delle purine (derivate dalle proteine animali) ne deriva l'acido urico. Nella calcolosi urinaria a componente uratica la iperuricosuria non è comunque il solo fattore favorente la litiasi, infatti tra i cofattori è presente anche il ridotto pH urinario (acidità delle urine) e la presenza di inibitori come il citrato. Comunque nei soggetti con un'elevata introduzione di proteine animali si può ottimizzare l'introito limitando ad un solo pasto al giorno o riducendo il quantitativo di tali cibi. Una limitazione più stretta dei cibi a contenuto proteico non è spesso utile perché in ogni caso con la sola dieta non si agisce sul metabolismo endogeno delle purine. Il vantaggio di una dieta vegetariana rispetto alla dieta a base di carni, rispetto alla formazione di calcoli, non è stato confermato. Instaurare una dieta vegetariana può indurre altre alterazioni nelle urine, compresa una aumentata escrezione urinaria di ossalati, che può contrastare gli effetti benefici della riduzione del calcio e dell'acido urico e di quelli dovuti all'aumento del citrato urinario e del pH. Volutamente non abbiamo fatto una mera elencazione di cibi consigliati e sconsigliati, purtroppo sono ancora diffusi tali elenchi che oltre ad essere imprecisi ed impossibili da seguire, illudono sulla loro supposta efficacia. È anacronistico consigliare di non mangiare cacciagione, aragosta, caviale ed ostriche come semplice rimedio per la litiasi urinaria senza averne analizzato le cause. Comportamento alimentare in corso di patologie prostatiche L'obiettivo delle norme dietetico-igieniche è soprattutto quello di ridurre la cosiddetta congestione prostatica. La prostata è un organo ricco di vasi sanguigni che sono connessi in un unica fitta rete con quelli dell'ultimo tratto dell'intestino (vene emorroidarie). L'irritazione dell'intestino, o il ristagno di feci, provocano alterazioni della circolazione dei vasi emorroidari che, a loro volta, causano disturbi alla prostata. Ridurre gli alimenti che possono causare un'irritazione del retto, in particolare gli alcolici, i cibi piccanti (contenente pepe, peperoncino, spezie varie), la cioccolata ed il caffè. Non assumere molti liquidi in tempi brevi, per impedire un brusca distensione della vescica. Nel paziente prostatico, in cui le resistenze al deflusso di urina sono aumentate a causa dell'ingrombo prostatico, ciò può provocare una ritenzione acuta d'urina, cioè l'improvvisa incapacità a svuotare la vescica. Situazione che può accadere , ad esempio, in pazienti prostatici che si accingono ad essere sottoposti ad ecografia pelvica, seguendo scrupolosamente le indicazioni scritte nel foglio delle prenotazioni (bere molti liquidi prima dell'esame e trattenere il più possibile l'urina), si ottiene che il paziente dopo essere stato sottoposto all'esame deve ricorrere d'urgenza all'intervento dell'urologo per risolvere la ritenzione acuta di urina. «Nelle patologie infiammatorie prostatiche (prostatiti) la funzione dell'intestino deve essere regolare. Le feci devono essere evacuate tutti i giorni e devono essere mantenute formate ma soffici. Sia la stipsi cronica, con feci dure e difficilmente evacuabili, che l'irregolarità dell'alvo, con alternanza di stipsi e diarrea, devono essere evitate. «La stipsi cronica è la forma più frequente specie nei pazienti anziani, è dovuta alla debolezza della parete muscolare dell'intestino che impedisce la progressione delle feci nell'ultimo tratto dell'intestino. Le feci, rimanendo a lungo nell'intestino, si induriscono e vengono eliminate con difficoltà. Questa condizione può essere evitata assumendo liquidi ed alimenti ricchi in fibre vegetali (pane integrale, pane di segale, verdure cotte foglia larga, spinaci, insalata, frutta fresca) che aumentano il volume delle feci. Infine la dieta una influenza, seppur in maniera modesta, l'incidenza delle malattie neoplastiche della prostata. Una dieta a basso contenuto di grasssi e ricca di alimenti a base di soia (come nella dieta giapponese), selenio e vitamina E possono ridurne il rischio. |
Fine della prima parte – La seconda parte sarà pubblicata domenica prossima.
Nadia Clementi - [email protected]
Dott. Marco Tiberi - [email protected]
Il dott. Marco Tiberi collabora con il Centro Sanitario Trento via Trener.
Per informazioni tel. 0461 830596 - www.csttrento.it